La crisi dell'automotive colpisce duramente la Edim, azienda di proprietà della tedesca Bosch e che produce manubri cambi e altre componenti di auto attraverso la pressofusione dell’alluminio. La casa madre ha recentemente annunciato la volontà di vendere gli stabilimenti di Setteville, in provincia di Belluno, e di Villasanta, in provincia di Monza-Brianza, licenziando metà della forza lavoro entro la fine dell’anno prossimo. Gli esuberi annunciati sono 160 di cui 120 a Villasanta e 40 a Quero, su un totale complessivo di 368 lavoratori. I primi a rimetterci saranno i precari, coloro che hanno un contratto in somministrazione che non verrà rinnovato: 8 lavoratori in Veneto e 50 in Lombardia. Un annuncio che ha sconvolto le due comunità per le ricadute occupazionali e sociali della decisione.
Le Rsu della sede di Setteville e le segreterie provinciali di Fim e Fiom di Belluno hanno indetto per martedì 26 uno sciopero di quattro ore e un presidio davanti allo stabilimento bellunese che ha chiamato a raccolta non solo i lavoratori, ma anche i rappresentanti delle istituzioni locali, a partire dal sindaco di Setteville Bruno Zanolla. Adesione totale allo sciopero da parte dei dipendenti, che hanno dato vita a un picchetto davanti alla fabbrica al quale ha presenziato anche il Coordinatore nazionale auto di Fim Cisl Stefano Boschini.
“Chiediamo a Edim Bosch di ritirare la decisione presa, confermare gli impegni assunti, garantire occupazione e investimenti necessari a rilanciare la produzione nei due stabilimenti - spiega Mauro Zuglian della Fim Cisl Belluno Treviso -: a pagare le conseguenze della crisi della componentistica del settore automotive non possono essere sempre e solo le lavoratrici e i lavoratori”. A rischio non c’è solo il posto di lavoro sei singoli, ma anche la tenuta sociale di un territorio che da anni deve fare i conti con la carenza dei servizi e lo spopolamento.
Alla base della scelta di Bosch, una crisi del settore auto che non lascia scampo, con l’incertezza sulla transizione verso l’elettrico e le aziende della componentistica come Edim in pesante difficoltà.
Nel 2017, quando il gruppo tedesco rilevò l'azienda del Bellunese, annunciò contestualmente l'intenzione di trasformare il sito di Setteville in uno stabilimento d’eccellenza, specializzato nella realizzazione di carter di alloggiamento per motori elettrici su automobili top di gamma di Bmw e Mercedes. Un progetto che non è mai decollato: le perdite annuali in questi sette anni sono state pari a una decina di milioni di euro all’anno. Per il 2025 la previsione di calo del fatturato è del 30%.
Da qui la decisione di Bosch, comunicata lo scorso 14 novembre ai rappresentanti sindacali durante una riunione nella sede di Monza di Assolombarda. L’azienda cerca un acquirente, ma se non ci dovesse essere, la conseguenza sarà la chiusura.
Un’ipotesi inaccettabile per i sindacati e per le Rsu delle due fabbriche, che hanno manifestato con fermezza la loro posizione di dissenso, chiedendo il ritiro del piano, ma soprattutto, spiega Zuglian, “chiarezza sul percorso che potrebbe portare alla cessione dei due stabilimenti e certezze per i lavoratori e le lavoratrici, il cui destino è appeso a un filo”.
“Riteniamo inaccettabile che si ricorra a dichiarare questi esuberi che avranno gravi ripercussioni sui lavoratori, sulle loro famiglie e sull’intero tessuto sociale dei due territori - hanno ribadito al recente tavolo di trattativa Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil della Brianza e di Belluno -. La direzione aziendale ha giustificato la propria decisione con motivazioni legate a presunte difficoltà economiche e con il fatto che le attività svolte in Edim non hanno mai fatto parte del core business del gruppo Bosch. In una situazione di crisi, quindi, si preferisce dismettere e mettere questa realtà sul mercato”.
Il 3 dicembre nella sede di Confindustria a Feltre (Belluno) si svolgerà un incontro nel quale i vertici della multinazionale saranno chiamati a spiegare alle rappresentanze sindacali il piano elaborato per i due siti.
Federica Baretti