Con un po’ di aiuto, le imprese si muovono molto più velocemente nella direzione della sostenibilità. Lo dimostrano i dati contenuti nel rapporto del ministero dell’Economia, sull’impatto degli interventi del Piano Transizione 4.0. Nei primi tre anni di applicazione del Piano, secondo il reporto del Mef, le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di credito d'imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo. Di questi, circa 23 miliardi di euro, pari a oltre l’80%, sono relativi a investimenti in beni materiali 4.0.
“Le analisi - si legge nel documento - mostrano che complessivamente l'incentivo ha stimolato maggiori investimenti e che questi investimenti hanno avuto effetti positivi sull'occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie”. In particolare, nel triennio 2020-2022, le imprese hanno ampliato la loro forza lavoro e aumentato i ricavi, con impatti maggiori, a parità di orizzonte di osservazione, per le aziende che per prime hanno usufruito del beneficio. Tuttavia, sottolinea ancora il report, “si evidenzia una diminuzione nel tempo dell'effetto dell'aumento del tasso di investimento sull'occupazione e fatturato dell'incentivo”.
Sul fronte delle transizione, va ricordato che è in particolare quella green ad aver subito un’accelerazione nell’ultimo anno, anche in Italia. Secondo l’ultimo rapporto mensile di Terna, la nuova capacità rinnovabile in esercizio nel nostro Paese nei primi dieci mesi del 2024 è di 6 Gigawatt, un dato che supera il valore dell'intero 2023. I dati di Terna indicano un aumento del 33% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, fino a 75,2 GW di potenza installata da fonti rinnovabili al 31 ottobre 2024, di cui 35,8 GW di solare e 12,9 GW di eolico. L'indice dei consumi elettrici industriali delle imprese cosiddette “energivore” registra infine una diminuzione del 2,3% rispetto ad ottobre 2023.
Sul fronte delle rinnovabili, il Governo ha varato, nell’ultimo Consiglio dei ministri, un nuovo testo unico. Il testo semplifica, riducendoli a tre, i regimi amministrativi per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, dei sistemi di accumulo, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla realizzazione degli impianti stessi. A seconda di tipologia, dimensione e localizzazione, sono previste tre strade amministrative: l’attività libera, la Procedura Abilitativa Semplificata o l’Autorizzazione unica. L’attività libera, in particolare, viene molto semplificata: non richiede dichiarazioni o atti di assenso, tranne in caso di vincoli paesaggistici, nel quale l’autorità dovrà esprimersi entro trenta giorni, mentre oggi il termine è di almeno 45 giorni. Nel caso di interventi di rifacimento o ripotenziamento di impianti esistesti o già autorizzati, a prescindere dalla collocazione dell’impianto, non occorre neanche l’autorizzazione paesaggistica.
Una delle maggiori novità introdotte dal testo unico, è sicuramente l’introduzione del capitolo zone di accelerazione. Il testo prevede infatti che entro il 21 maggio 2025, il GSE (Gestore dei Servizi energetici) pubblichi una mappatura del territorio nazionale individuando il potenziale nazionale e le aree disponibili per l’installazione di impianti rinnovabili.
A partire da questa mappa, entro il 21 febbraio 2026, ciascuna Regione e Provincia autonoma dovrà adottare un Piano per l’individuazione delle zone di accelerazione terrestri, ossia aree in cui impianti di produzione rinnovabile e accumuli energetici possono beneficiare di misure di semplificazione avanzata.
Ilaria Storti