Le previsioni di crescita del Pil in Emilia-Romagna, nel 2024 e 2025, segnano, secondo Unioncamere regionale, un +0,9% . Emergono una crescita dei consumi delle famiglie in regione del +0,6% nel 2024, e del +0,9% nel 2025, un incremento degli investimenti fissi lordi del +2,9% ed una flessione nel 2025 del -1,6%, per la contrazione degli investimenti in costruzioni. Nel 2025, invece, si prevede una moderata ripresa dell'industria (+0,9%) e la crescita dei servizi (+1,6%), ma il settore delle costruzioni dovrebbe entrare in recessione (-7,4%). Quindi, l'Emilia-Romagna dovrebbe avere risultati leggermente migliori rispetto alla media italiana, stimata a +0,8% sia nel 2024 sia nel 2025.Venendo al mercato del lavoro, nel 2024 la crescita dell'occupazione (+1,1%) ed una sostanziale stabilità delle forze lavoro (-0,7%) permetteranno "una nuova diminuzione del tasso di disoccupazione" (3,9%), stima Unioncamere. Nel 2025 un nuovo aumento delle forze lavoro (+0,7%) porterà ad una più contenuta crescita dell'occupazione (+0,4%) e quindi ad un lieve rimbalzo del tasso di disoccupazione al 4,2%. Partendo da questi dati abbiamo rivolto alcune domande al segretario generale della Cisl Emilia Romagna, Filippo Pieri.
Segretario, l’Emilia-Romagna è una regione dove di solito il lavoro non manca, ma forse in questa fase il sistema presenta delle crepe…
“Già dallo scorso luglio avevamo segnalato come l’aumento della cassa integrazione fosse un campanello d’allarme da non sottovalutare, specie per la crescita della richiesta nel settore manifatturiero. Un ambito in cui, nel confronto con l’anno precedente, si era registrata una preoccupante riduzione di 10 mila addetti. In generale, non si tratta certo di una brusca frenata dell’economia emiliano-romagnola, visto che ad esempio Pil e occupazione continuano ad essere solidi, ma sono segnali che ci devono portare a fare molta attenzione.
Infatti, proprio di recente, indicando alcune crisi aziendali particolarmente gravi, lei stesso ha parlato di "autunno caldo"
Nella nostra regione numerose aziende sono di proprietà di multinazionali o di fondi d’investimento, che in molti casi hanno portato sviluppo e occupazione, in altri hanno compiuto vere e proprie scelte scellerate. Scelte che, dettate solo dalla logica del profitto e della riduzione dei costi, hanno condotto a chiusure, a drastiche riduzioni del personale e della produzione o a delocalizzazioni. Finora, attraverso la collaborazione virtuosa di sindacati, istituzioni e, in alcuni casi, di associazioni datoriali, abbiamo sempre cercato, e spesso trovato, soluzioni di reindustrializzazione o di acquisto delle aziende in crisi da parte di altre società, ma sappiamo bene che potrebbero esserci anche delle situazioni di non facile soluzione. Quello che è certo è che noi faremo di tutto per difendere i posti di lavoro”.
Di certo si sta riferendo anche alla manifesta crisi diffusa dell’automotive, perché colpisce così tanto l’E.R.?
È vero che sono a rischio migliaia di posti? È vero. L’automotive è un comparto molto innovativo, con un’importante contrattazione di secondo livello, che ha un forte impatto sulla manifattura e sull’economia dell’Emilia Romagna, visto che in regione sono oltre 14 mila le aziende e quasi 57 mila gli addetti. Ma ora, con la crisi dell’auto, sia dei grandi gruppi sia delle piccole e medie imprese che si occupano di forniture, sono sotto gli occhi di tutti i rischi che si corrono per migliaia di posti di lavoro. Si pensi solo alla Volkswagen che chiuderà almeno tre fabbriche in Germania, un paese che influisce molto sui nostri processi produttivi dell’automotive. Specie per la componentistica.
Allora cosa fare?
Per gestire la transizione in atto serve subito un impegno serio e determinato sia del Governo sia delle parti datoriali. Cosa chiediamo? Strumenti per tutelare il lavoro che c’è adesso, quindi strumenti come la cassa integrazione, risorse per il sostegno del settore, anche attraverso il meccanismo degli incentivi, e investimenti cospicui sul tema della riconversione professionale.
Senza contare l’emergenza maltempo … quali sono le ripercussioni a breve e lungo termine sul territorio?
Bisogna riprendere subito quello spirito di collaborazione che, anche tra parti portatrici di interessi diversi, ha sempre caratterizzato la nostra regione. Ora che la Corte d'appello ha appena proclamato Michele De Pascale nuovo presidente della Regione ER, e che la stessa premier Meloni ha telefonato al neo governatore per le congratulazioni di rito e per un primo confronto, diventa quanto mai necessario un cambio di passo e un’assunzione di responsabilità di tutti gli enti coinvolti, Regione e Governo in primis. E ciò perché diventa indispensabile ripristinare subito le condizioni di sicurezza, continuare con le manutenzioni, ma occorre soprattutto mettere in campo il prima possibile le opere straordinarie, come il rifacimento degli argini, la costruzione di bacini di laminazione e casse di espansione, oltre a ripensare, partendo dalla montagna, i canali abbandonati. Ed è fondamentale che questo sia fatto in modo celere, sveltendo le procedure e garantendo tempi certi per la realizzazione.
Ma i guai non sembrano finiti. Dai recenti dati diffusi dall’Inail gli infortuni sul lavoro sono purtroppo in gran numero anche nella vostra regione, il sindacato come reagisce a questo?
La prima cosa da fare è smetterla di parlare di fatalità, la situazione è talmente grave che non si può di certo giustificare con queste motivazioni. Bisogna fare di più, con le istituzioni e le parti sociali che devono assumere un ruolo da protagonisti. Voglio ricordare che già lo scorso 3 giugno la Cisl Emilia-Romagna ha promosso un presidio davanti alla sede della Regione, epilogo di una mobilitazione andata in scena su tutto il territorio regionale e iniziata molte settimane prima. Un’iniziativa tra le cui richieste c’era la convocazione immediata di un tavolo del ‘Patto per il lavoro e per il clima’ dedicato esclusivamente ai temi della salute e sicurezza. Necessità nata dal bisogno di effettuare una verifica di quel protocollo specifico in materia attivo da due anni e firmato da tutti, istituzioni, sindacati e parti datoriali. Il risultato è che ci son voluti ben cinque mesi e diversi infortuni prima della convocazione che è arrivata per il 31 ottobre. Si poteva fare prima.
Crisi, infortuni sul lavoro, maltempo. Ma allora il sindacato che strumenti deve adottare per tutelare il lavoro?
Mi faccia dire che nonostante il difficile momento che stiamo attraversando, l’Emilia-Romagna resta una regione all’avanguardia, innovativa, proiettata verso il futuro e, grande valore aggiunto, con una popolazione e una forza lavoro straordinarie. Gli strumenti per preservare questo patrimonio sono molteplici, ma in questa regione ne abbiamo uno in più, che ormai è parte integrante delle relazioni istituzionali e industriali: il Patto per il lavoro e per il clima. Un metodo di partecipazione e di concertazione tra istituzioni, parti sociali e associazioni che deve rimanere alla base del confronto anche nei prossimi anni e che potrebbe dare delle indicazioni utili per giungere finalmente a quel Patto sociale nazionale che giustamente la Cisl rivendica da tempo. Ed è molto significativo che il nuovo presidente della Regione Michele De Pascale abbia espresso un forte convincimento non solo per la conferma di questo metodo, ma anche per il suo rafforzamento.
Già perché anche in Emilia-Romagna si sono appena concluse le elezioni regionali
Sì, abbiamo appena votato. Una campagna elettorale che, sebbene i risultati finali abbiano fatto registrare il perdurare di una preoccupante fascia di astensionismo, i candidati hanno condotto sempre all’insegna della correttezza e del rispetto, aspetto che lascia ben sperare per l’avvenire di questo territorio.
Cosa chiedete al neo presidente Michele De Pascale?
Come detto, il minimo comune denominatore da cui partire resta la conferma e il rafforzamento del metodo di confronto e di concertazione adottato con il "Patto per il lavoro e per il clima", ma naturalmente temi come il dissesto idrogeologico e la sanità saranno al centro delle nostre politiche, insieme a tutti gli altri indicati nella nostra "Agenda Cisl ER". Un documento in cui sono concentrate una serie di priorità e di proposte che poco più di venti giorni fa abbiamo indirizzato a chi si presentava per governare questa Regione nei prossimi anni.
Segretario, per concludere, non possiamo non parlare di un argomento al centro del dibattito anche in Emilia-Romagna, visto che oltretutto impegna una parte consistente dello stesso bilancio regionale: la sanità. Come va la sanità emiliano-romagnola? È ancora un’eccellenza nel panorama nazionale e internazionale?
Resta un’eccellenza, ma qualche scricchiolio si sente, e si sente perché stanno cambiando i bisogni e le domande delle persone. La pandemia ha reso manifesto che accentrare tutto negli ospedali non è la strada giusta, si è invece reso manifesto il bisogno di prossimità, di una sanità più vicina alle persone, che punti molto di più sulla prevenzione. Attività che, come le strutture sanitarie nei piccoli centri, nel passato erano state un po' ridimensionate se non chiuse.. Senza contare che con l’ormai manifesto fenomeno dell’inverno demografico ci sarà sempre più bisogno di nuovi strumenti, a cui vanno sommate le enormi problematiche del mondo del lavoro. Non solo i reparti sono sottodimensionati e manca personale in tutti gli ambiti, dai medici agli oss., ma grossi freni riguardano anche le condizioni di lavoro: sono sotto gli occhi di tutti le continue aggressioni che subiscono quotidianamente questi operatori. Ed è facile intuire che in una situazione del genere, con carichi di lavoro sempre più gravosi e senza la giusta remunerazione economica, pare difficile riuscire a mantenere lo status di eccellenza. Serve consapevolezza, e un’inversione di rotta.