Giovedì 7 novembre 2024, ore 3:45

Lavoro

Campania: tra luci e ombre

"Purtroppo c’è un divario ancora troppo forte tra le regioni e soprattutto in Campania tra Napoli, zone costiere e aree interne. Qui le politiche di coesione non sono sufficienti per l’alto tasso di povertà, giovani che abbandonano il territorio, scarse ed insufficienti politiche di welfare, desertificazione industriale e bancaria, crisi demografica, senza tralasciare una sanità scadente e inefficiente. Abbiamo salutato positivamente l'accordo raggiunto tra Governo e Regione Campania finalizzato alla corresponsione del residuo dei fondi di coesione, che con le altre risorse a disposizione, rappresentano lo strumento finanziario principale per attuare politiche mirate per lo sviluppo, la tenuta sociale, economica, territoriale e per rimuovere gli squilibri interni. Ma ritengo che le risorse da sole non bastano, occorrono stakeholder più illuminati che valorizzino il nostro territorio, che lo rendano attrattivo per gli investimenti e politiche che vadano ad incidere sulla qualità della vita, sulle opportunità di lavoro e la valorizzazione delle eccellenze locali”.

Doriana Buonavita, alla guida della segreteria generale della Cisl Campania da sette anni, traccia un quadro delle criticità della regione in questi giorni sotto i riflettori per la forte crisi del settore industriale e i recenti dati Istat che collocano la Campania, con il 21,2%, tra le regioni con i valori più elevati circa l’incidenza della povertà familiare
I campanelli d’allarme già risuonavano qualche anno fa, soprattutto dopo la pandemia, ma la classe politica non sembra essersi affatto reso conto di cosa ci aspettasse. Il tema della povertà sembra essere divenuto oggetto residuale nell’agenda nonostante il trend percentuale sia in costante crescita ed i divari e le tensioni sociali crescano a ritmo costante. I provvedimenti attuati finora, troppo spesso hanno mirato a “metterci una toppa” e a garantire un acquietamento che è ben lontano dal creare le condizioni per il superamento del problema. E’ per questo che il tema della povertà non può essere affrontato, né si può tentare di superarlo come se si trattasse di una questione a sé stante, ma necessita, di un approccio multi sistemico capace di dare sostegno effettivo nella prima fase, che si concreta in opportunità di lavoro, che sia di qualità e duraturo.

Quanto c’è di Mezzogiorno nella manovra finanziaria?
Oltre a rifinanziare le zes non c’è un’apertura su Resto al Sud o incentivi alle piccole e medie imprese che sono il cuore produttivo del nostro territorio, soprattutto delle aree interne e che meriterebbero un più costante e strutturale impegno economico. Purtroppo la mancanza di risorse strutturali e infrastrutture immateriali e materiali ci penalizza se valutiamo la Campania come la regione più potenzialmente capace di poter fronteggiare una sfida, quella della nuova economia nel Mediterraneo, che si sta sviluppando a dispetto purtroppo e in assenza dell’intervento dello Stato. La Campania e il Mezzogiorno, non ci stancheremo mai di dirlo, non hanno bisogno di politiche assistenziali. E' quanto mai necessario attivare un più stretto confronto con le forze sociali sulle politiche degli investimenti, del lavoro. Dopo aver tanto discusso su ciò che serve e su cosa siamo pronti a fare, occorre creare le sinergie, collaborando a tutti i livelli tradurre in buone pratiche, in progettazioni e programmazioni mirate le risorse per gli assi previste nel Pnrr e nell’agenda 2030 e sicuramente tutto ciò non può vedere escluso il mondo delle organizzazioni sindacali.

Nei giorni scorsi lo sciopero dei metalmeccanici ha rivendicato politiche diverse da quelle adottate finora soprattutto in Campania dove il caso Stellantis ha ripercussioni su un tessuto produttivo già fin troppo messo a dura prova dalla desertificazione industriale.
Occorrono sia misure per far rimanere gli imprenditori, attrarre investitori sul territorio e regole severe per chi investe per arginare la desertificazione galoppante, che per rafforzare l’occupazione. Qui più che altrove c’è bisogno di una scossa sulle politiche attive del lavoro con la formazione e la costruzione di un progetto organico per l’industria in Campania che punti a proposte di qualità.

Fuga dei giovani sempre più e crisi demografica. Come intervenire?
Sicuramente con il lavoro che deve essere un’occasione per tutti i cittadini in egual misura, dal nord al sud e di qualità, intervenendo concretamente per combattere le forme di precariato, il lavoro nero e investire nei contratti pubblici e privati per tutelare i redditi dall’inflazione. Infine una formazione professionale qualificata per i giovani la cui inclusione, insieme alle donne nel mercato del lavoro, è una priorità. Le risorse del Pnrr devono essere finalizzate anche a questo grande obiettivo, a rispondere ad una emergenza di giustizia sociale e ad una urgenza di sviluppo e coesione.

Autonomia differenziata. Il governatore De Luca giorni fa ha elaborato sei proposte alternative alla legge Calderoli. La Cisl come risponde?
Credo che le proposte siano condivisibili. Siamo d’accordo sulla definizione e finanziamento dei Lep prima dell’attribuzione di nuove funzioni ad una regione, come sul divieto dei contratti regionali per la sanità e la scuola pubblica. Così come condividiamo che nel riparto del fondo nazionale sanitario si attribuiscano le stesse risorse pro capite a tutti i cittadini e l'accantonamento dello 0,25% dal fondo sanitario nazionale per affrontare le eventuali emergenze per le Regioni, che la legge stabilisca che il numero di addetti per la sanità pubblica ogni mille abitanti sia uguale per ogni regione d'Italia. E infine lo stop alla troppa burocrazia. Non ci stancheremo mai di ripetere quanto il dialogo tra le organizzazioni sindacali, le istituzioni e la politica sia fondamentale. Ma è ancora più importante calibrare anche una forte azione di dialogo e confronto sul nostro territorio.
Raffaella Cetta

( 31 ottobre 2024 )

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