Mercoledì 22 gennaio 2025, ore 6:14

Libri

Un compendio di saperi

di STELLA FANELLI

«Siete voi qui, ser Brunetto?» È buio l’Inferno e tra i dannati che affollano il XV canto della prima cantica e il terzo girone del settimo cerchio Dante ritrova tra i sodomiti, dopo averlo fissato prima di riconoscerlo, il suo maestro che si isola dalla “greggia” degli altri peccatori per dialogare con lui alla presenza di Virgilio. Un anonimo commentatore fiorentino della Commedia, definisce ser Brunetto non maestro, ma «singulare amico dell’Auttore», insinuando il dubbio di un rapporto illecito ma Dante relega l’uomo che che gli aveva dischiuso un’immensa cultura e condiviso la conoscenza della tradizione araba, tra i pederasti condannandolo alla riprovazione. anche se lo saluta come colui «che vince, non colui che perde». Il traduttore dell’ Etica di Aristotele e della

Retorica di Cicerone, esule di parte guelfa, priore ha ora il «viso abbrusciato» dalle fiamme per aver vissuto dentro un perimetro di perversione ma alla sua morte nel 1294 Giovanni Villani nella sua cronaca così ci restituisce la grandezza di un protagonista della cultura fiorentina del Duecento: «Nel detto anno morì in Firenze uno valente cittadino il quale ebbe nome ser Brunetto Latini, il quale fu gran filosafo, e fue sommo maestro in rettorica e fue dittatore del nostro Comune.

Fu mondano uomo, ma di lui avevo fatta menzione però ch’egli fue cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e farli scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra repubblica secondo la Politica.» Brunetto aveva composto le sue opere più preziose tra cui il Livres dou Tresor in Francia e in francese intersecando la vita a quella della storia della sua città da cui è scacciato e ne tradisce la lingua. Con i tremila versi del suo Tesoretto (2944 settenari) narra il suo viaggio allegorico da una selva governata dalla Natura descritta come la Filosofia di Boezio e che gli impartisce insegnamenti sulla creazione di Dio e sulla caduta dell’uomo, fino alla vetta dell’Olimpo dando a chi lo considera maestro una piccola enciclopedia geografica e scientifica e configurandosi come il tramite del Liber Scalae avendo penetrato la Castiglia islamica di Alfonso X nel 1254.

Giorgio Inglese ha curato una nuova edizione del Tesoretto rivisto sui manoscritti più antichi e corredato da note: il piano dell’opera enciclopedica scritta subito dopo la battaglia di Montaperti, prima della elezione di Rodolfo d’Asburgo a re di Germania e dedicata a un indeterminato «valente segnore», è esposto al primo capitolo e si presenta come un compendio di saperi costruito da chi si presenta come colui che offre al suo patrono ‘questo ricco tesoro’ che vale argento e oro, le fonti sono numerose tra cui Isidoro di Siviglia e anche le raccomandazioni politiche come quella di scegliersi il proprio signore richiedendogli altissime qualità. Nella Commedia Brunetto raccomanda a Dante il suo Tesoro, altro non chiede che la Storia custodisca e diffonda le parole con cui ha trasmesso al Medioevo la sua sconfinata conoscenza del mondo, la dote che porteremo con noi tornando a noi stessi e a Dio: «Sieti raccomandato il mio Tesoro, / nel qual io vivo ancora, e più non cheggio»

( 21 gennaio 2025 )

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Un compendio di saperi

 Con i tremila versi del suo Tesoretto (2944 settenari), Brunetto Latini narra il suo viaggio allegorico nella conoscenza

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