La formazione è una della chiavi di volta per aumentare la sicurezza sul lavoro in Italia. I sindacati lo sottolineano da sempre, chiedendo investimenti e misure sul fronte delle politiche attive. Ma su questo fronte la strada da fare è ancora lunga. La conferma arriva dal Rapporto AiFos 2024 sul tema, cui hanno partecipato oltre 820 professionisti e operatori della salute e sicurezza sul lavoro. Dall’analisi emerge che solo il 31% degli operatori ha approfondito la tematica dell'efficacia della formazione in modo completo. Il 51%, invece, dichiara di averlo approfondito ma in modo generico. Il 16%, per contro, non l'ha fatto. Complessivamente l’85% è consapevole dell'importanza della valutazione dell'efficacia formativa, ma, come detto, solo il 31% in modo approfondito. In generale, il 66% degli operatori dichiara che all'interno delle realtà aziendali in cui lavora non viene per nulla attuato (27%) o viene attuato poco (39%) il controllo sull'efficacia degli interventi formativi in tema di saluta e sicurezza sul lavoro. I datori di lavoro risultano scarsamente coinvolti nella valutazione dell'efficacia della formazione. Solo il 3,4% - pur essendo formalmente i responsabili della gestione della sicurezza aziendale e avendo un interesse diretto in tal senso - è realmente coinvolto in questi processi. “L'efficacia della formazione in materia di sicurezza e salute sul lavoro rappresenta un aspetto fondamentale per garantire un ambiente di lavoro sicuro e protetto - spiega Paolo Carminati, direttore generale AiFos -. Tuttavia, ad oggi, è spesso sottovalutato e poco applicato. Le organizzazioni, infatti, tendono a concentrarsi più sull'adempimento normativo che sull'effettiva misurabilità dei risultati ottenuti, trascurando così l'opportunità di migliorare continuamente la qualità della formazione offerta, ossia il principale strumento di prevenzione sulla sicurezza”. In questo senso, è cruciale che le normative incoraggino la reale efficacia delle formazione e vadano oltre il semplice adempimento burocratico.
Se la formazione che riguarda la sicurezza sul lavoro viene liquidata spesso come una formalità, con conseguenze gravissime sul versante della prevenzione, il panorama generale mostra qualche progresso. Secondo gli ultimi dati Inapp, nel 2023 l’11,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha preso parte ad attività di istruzione e formazione, con una crescita di due punti percentuali rispetto all’anno precedente. È il valore più alto degli ultimi quindici anni per l’Italia. Nel ranking europeo, siamo passati dal diciottesimo al quattordicesimo posto, ma restiamo purtroppo ancora sotto la media Ue. Nel 2022 era stato il 45,4% della popolazione fra 18 e 64 anni (circa 16 milioni di individui) a partecipare a percorsi strutturati di apprendimento e attività formative svolte in orari e luoghi definiti, inclusi corsi online in modalità sincrona. Nel rapporto si evidenzia l’evoluzione verso un modello di formazione mista, che integra i vantaggi della formazione tradizionale a quelli offerti da quella a distanza, ma che richiede un investimento in competenze digitali da parte degli individui. In media ogni individuo frequenta circa 1,8 corsi all’anno, sia che si tratti di corsi obbligatori per legge che di quelli scelti per motivi professionali. Tuttavia, quando si restringe il campo ai corsi frequentati per interesse personale, la media scende a 1,4. In assenza di obblighi lavorativi o normativi - osserva Inapp - la partecipazione è influenzata da differenti fattori, tra cui la motivazione, il tempo a disposizione, i costi e il livello di consapevolezza dei benefici apportati dalla formazione. A condizionare la partecipazione degli adulti ai percorsi di formazione sono anche le caratteristiche sociodemografiche e alcuni target di popolazione fortemente penalizzati. In particolare, si evidenzia un grande divario tra occupati e non: a malapena due disoccupati su dieci (17,4%) accedono a opportunità formative, contro il 62,8% degli occupati. La strada da fare, dunque, è ancora lunga.
Ilaria Storti