La fame di avventura e la fascinazione per ciò che è lontano da noi sono profondamente umane, «una di quelle fiammelle che tengono vivi». Lo scrive Francesco Moscatelli, giornalista de “La Stampa” nella postfazione a “L’isola inaccessibile” versione italiana, per quanto un po’ ridotta, di “The Shelter from the Spray” (il riparo dagli spruzzi oceanici), cronaca di 23 mesi trascorsi come naufraghi volontari dai due fratelli tedeschi Frederick e Gustav Stoltenhoff su un desolato lembo di terra nell’Atlantico meridionale.
È un volumetto che si legge alla stregua dei romanzi d’avventura detti nell’Ottocento “robinsonnades”, perché ispirati al personaggio immortale di Daniel Defoe, che aveva trasformato in epopea narrativa la vera vicenda del corsaro Alexander Selkirk. Ma i fratelli Stoltenhoff scelgono spontaneamente di fare una vita da isolani, e non a causa dell’affondamento di una nave. Tutti e due sono saturi delle rispettive esistenze. Gustav fa già il marinaio, Frederick invece va a combattere la guerra franco-prussiana del 1870/71. Il primo subisce effettivamente un naufragio, quello della Beacon Light, una carboniera che affonda al largo di Tristan da Cunha. Gli Stoltenhoff finiscono per tornare ad Aquisgrana, dov’è la loro famiglia. Innamorati all’unisono della bella Hannchen Emmanuel, ne sono respinti. Allora nasce in loro l’idea di fare fortuna con la caccia alle foche, delle quali vendere le pelli.
Gustav ha già avuto modo di adocchiare l’Isola Inaccessibile durante il suo primo soggiorno a Tristan da Cunha. Il fratello approva il progetto dell’altro e dopo una sommaria requisizione di provviste, la coppia s’imbarca per il lungo viaggio che li condurrà verso le acque tempestose che bagnano il Sudafrica. Il tutto è raccontato da Eric Rosenthal, discendente di Pauline Rosenthal, la sorella di Hannchen. “L’Isola Inaccessibile” esce nel 1952, a quasi un secolo di distanza dalle vicissitudini dei fratelli Stoltenhoff. I quali avevano trascorso interi mesi, dal 1872 al 1873, in condizioni di survivalisti. Alla metà del XX secolo, la loro impresa suscita ancora il senso del meraviglioso che emana dalle opere di Jules Verne, Emilio Salgari e, sul piano della grande letteratura, Herman Melville e Jack London. Vederli attraverso la prosa di Rosenthal alle prese con la morsa dell’inverno boreale, con le necessità alimentari e nello stesso tempo capaci di stupirsi e incuriosirsi dinanzi al miracolo di una natura ostile e aliena rispetto ai panorami europei, conferiva alla lettura una forza avvolgente già in via di sparizione dai libri più recenti. Tanto più oggi. In “L’Isola Inaccessibile” non vi sono crucci relazionali da woke, #metoo e “inclusione”. Solo due eroi che combattono per ripristinare il primato dell’uomo sull’ambiente, senza retorica ecologista.