L'Ufficio centrale della Suprema corte ha, invece, dichiarato ”non conforme a legge” la richiesta relativa all'abrogazione parziale della stessa legge così come richiesto dai consigli regionali.
La parola definitiva spetta ora di nuovo alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sull'ammissibilità: entro metà gennaio ci sarà l'udienza camerale e la decisione dovrà arrivare entro il 20. Le motivazioni dovranno invece essere depositate entro il 10 febbraio. La Consulta dovrà valutare anche gli altri cinque quesiti che hanno ottenuto l'ok dai giudici del Palazzaccio. Disco verde, tra gli altri, a quello che chiede il dimezzamento da "10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana" e per quelli abrogativi o parzialmente abrogativi in tema di Job act, contratti a termine e appalti.
Immediate le reazioni a livello politico. Esultano i comitati promotori. Ma il ministro Calderoli, padre della riforma, tira dritto: ”L'Autonomia differenziata va attuata per dimostrare che non possono esserci più realtà con cittadini di serie A e di serie B. Il principio è che secondo noi l'autonomia differenziata non divide ma unisce”. Gli fa eco il presidente del Veneto Zaia: ”Noi andiamo avanti. In caso di referendum è fondamentale che chi crede nell'autonomia non vada a votare. La partita si giocherà sul quorum. Il dato sociale, prima ancora che politico - dice ancora Zaia - è che il referendum spacca l'Italia. Ci saranno comunque vincitori e vinti. Il divario e le diffidenze aumenteranno. La questione diventerà una ferita insanabile tra i pro e i contro, che giustificheranno il degrado simmetricamente, sia che la consultazione passi o non passi”. Per il governatore della Lombardia Fontana ”l'ordinanza dei Supremi giudici dimostra incontrovertibilmente che la legge Calderoli non è stata affatto demolita né stravolta dalla Corte costituzionale nella sua recente sentenza”.
Di tutt'altro avviso la governatrice M5S della Sardegna Todde, che invita il Governo a fermarsi. Dopo la sentenza della Consulta, aggiunge il presidente della Regione Puglia Emiliano, ”la legge Calderoli non può più essere applicata perché è necessario che si pronunci il Parlamento e che affronti la questione Autonomia integralmente”.
Anche la segretaria del Pd Schlein chiede al Governo di ”di abrogare questo testo, per recuperare credibilità dopo lo strafalcione che ha fatto presentando una riforma che la Consulta ha smontato”.
Ma al Nazareno l'ok ai quesiti referendari dovrà essere valutato con attenzione perché la discussione interna è assai articolata. Soprattutto quello sul Jobs act, legge voluta da Renzi, che l'ala moderata del Pd difficilmente sosterrà.
Sull'autonomia si tratta di valutare se a questo punto sia più opportuno puntare dritto sul referendum - sapendo che il quorum ormai è un miraggio da quasi trent'anni, salvo un paio di eccezioni - o se invece non sia meglio provare a sedersi al tavolo in Parlamento. Il voto sarebbe una roulette russa - è il senso del ragionamento - con l'Italia spaccata in due e un esito incerto: se si raggiungesse il quorum sarebbe un colpo forse fatale per il governo, come ripete spesso anche Matteo Renzi, ma in caso contrario il centrodestra avrebbe mano libera nel riscrivere la legge limitandosi alle correzioni - pure molto radicali - imposte dalla Consulta.
Giampiero Guadagni