Martedì 17 dicembre 2024, ore 7:07

Mostre

Gli scatti artistici di UgoMulas

di ELIANA SORMANI

Fino al 2 febbraio 2025 Milano celebra il mondo della fotografia attraverso una ricchissima antologica dedicata a Ugo Mulas, uno dei fotografi più rappresentativi del XX secolo, che con i suoi “scatti artistici” ha lasciato non solo una ricca testimonianza della realtà italiana e internazionale, ma anche un segno profondo in quella è che l’arte della fotografia, sintetizzando le sue esperienze di fotoreporter con una autonomia autoriale tipica solo di un artista.

Accompagnata dall’inizia tiva diffusa “Ugo Mulas in città”, concepita per raccontare e celebrare le istituzioni e i luoghi particolarmente significativi per la sua produzione e il suo lavoro, evidenziando l’intimo rapporto tra il fotografo e Milano, grazie al coinvolgimento in musei e spazi civici cittadini (Museo Poldi Pezzoli, la Pinacoteca di Brera, Palazzo Morandi, Fondazioni Marconi e tanti altri) con l’esposizione dei suoi scatti, l’antologica “Ugo Mulas. L’operazione fotografica” si rivela una sorta di lungo e profondo racconto del lavoro svolto dall’artista in Italia e all’e stero con una particolare attenzione alla sua relazione con la città di Milano e con il mondo dell’arte. Il tutto accompagnato da un ricco catalogo curato dalla Marsilio Editore contenente un’antologia straordinaria delle sue opere.

La mostra, curata da Denis Curtis e Alberto Salvadori, proposta in una prima tappa a Venezia, si presenta a Palazzo Reale con una veste nuova grazie alla presenza, tra le circa 300 opere (tra fotografie, documenti e filmati organizzati in 14 sezioni), di 80 inediti, molti dei quali dedicati a Milano e ai milanesi, a designers, a giornalisti, ad artisti e ad intellettuali legati al capoluogo lombardo. Il nome di Ugo Mulas è in fondo quasi un sinonimo del nome di Milano, città che egli ha immortalato nelle sue immagini tra gli anni cinquanta e sessanta con il profondo e ambizioso desiderio di creare un archivio per Milano, come si vede in una sezione della mostra dedicata a “un archivio per Milano”. Progetto che la prematura morte non gli avrebbe mai permesso di realizzare. Milano è dunque il fil rouge non solo della mostra, ma soprattutto della vita di Ugo Mulas. Nato nel 1928 a Pozzolengo in provincia di Brescia, arriva a Milano negli anni cinquanta del Novecento per studiare e laurearsi in legge, ma rimane folgorato dal mondo della fotografia e si dedica completamente ad essa, abbandonando gli studi. Egli si muove nei primi anni della sua attività sfiorando il neorealismo pur senza incontrarlo direttamente. All’epoca la fotografia era divisa tra reportage e documentazione autonoma autoriale, ed era prodotta dagli artisti che avevano scelto la fotografia come un linguaggio privilegiato della loro professione. Ugo Mulas è il collante tra queste due estremità, con il suo agire, con il suo fare e ancora di più con il suo pensiero. Appena arrivato a Milano frequenta il Bar Jamaica che in quegli anni era un cenacolo culturale e conosce tra i numeri artisti, Duchamp, Manzoni e Dondero di cui diventa “l’a mico di una vita”, che addirittura gli presta la macchina fotografica e gli spiega come usarla, dando inizio a quella che sarà l’esperienza straordinaria della sua vita. I suoi primi scatti dal sapore neorealista sono proprio rivolti al quartiere di Brera e al Jamaica, così come alle periferie della città, a quella che è la trasformazione che sta vivendo negli anni del dopoguerra: la Milano dei grandi ceti, ma anche la Milano degli ultimi, dei poveri, in cui c’è sempre la verità. Il nucleo centrale della mostra milanese è proprio incentrato su due sezioni, una dedicata a Milano e una ai “luoghi” dove sono esposte una serie di immagine esemplificative dei suoi reportage, in parte inediti, sul paesaggio italiano e quello europeo, commissionatigli da diverse riviste.

La sua infatti non è una visione della realtà esclusivamente milanese, ma è una visione internazionale dovuta al grande lavoro compiuto come artista che fotografa il mondo dando vita ad una fotografia non riproduttiva ma interpretativa.

La sua attività ufficiale di fotografo dell’arte inizia con la Biennale di Venezia del 1954. Nel 1955 a Milano apre il suo primo studio fotografico. Inaugura una collaborazione stabile con la rivista “Illu strazione Italiana”. Parallelamente agli sviluppi del suo lavoro artistico collabora per tutta la vita con il mondo dell'industria, della pubblicità e della moda. In mostra è evidente il suo passaggio da una stagione neorealista di documentazione sociale, umanistica ad una stagione concettuale della fotografia. Come si può notare nelle sezione dedicate agli artisti, in particolare nelle immagine dedicate a Duchamp o Fontana, Calder, il suo non è un racconto degli artisti ma è un progetto artistico a cui lui partecipa in prima persona. Se infatti si osservano bene i ritratti che egli fa agli artisti egli riesce a fornirci attraverso la cura dei particolari e la sua lettura psicologica e interpretativa del soggetto tanti significati che vanno oltre l’imma gine dell’artista immortalato. Egli è capace cioè di fotografare con uno sguardo critico ed artistico nello stesso tempo. Le sue fotografie nascono sempre da un progetto, pensato e studiato in cui lui è un soggetto attivo.

Per Mulas la fotografia è uno strappo sulla realtà e della realtà ma la differenza è che quello strappo decide di eseguirlo lui in un momento preciso e nel suo caso in un momento deciso, costruito e pensato.

La mostra non è solo una mostra di fotografia ma è un percorso che ha lo scopo di costruire un racconto come dicono le figlie “ di un progetto, quello di un Mulas che nasce solido e integro, senza alcun mito romantico, ma come risultato di metodo, consapevo-lezza e lavoro”.

Il suo lavoro in fondo nasce da una lunga riflessione e ricerca sul valore e sul senso della fotografia a cui attribuisce un vero e proprio statuto, tanto da poter essere definito un “filosofo della fotografia”. Il percorso della mostra inizia non a caso mettendo in luce questo aspetto teorico presente nell’arte fotografica di Mulas attraverso l’esposi zione del progetto sviluppato nel 1968 costituito da 14 Verifiche, affiancate dagli studi e dalle parole da lui scritte, per spiegare la sua sperimentazione. E’ la prima volta che le Verifiche vengono esposte affiancate dai suoi scritti, permettendoci di vedere Ugo Mulas come “fotografo totale”, che ha voluto approfondire tutti i generi della fotografia per poi eliminarli, intervenendo come fotografo capace di interpretare. Le 14 Verifiche sottolineano la volontà di sperimentazione di Mulas come lui dice “volevo vedere fino a che punto si poteva fare una fotografia con la luce solo di un cerino” e poi “ continuiamo a guardare sempre più con gli occhi degli altri con migliaia di occhi. Pochissimi seguono un’opera zione mentale autonoma, una propria ricerca, una propria visione”. Ed questo che Mulas cerca di indagare, le modalità del pregiudizio, trasformando tutto con molto coraggio in un atto politico. In questo senso la mostra è sicuramente un testamento, un atto politico che Mulas lascia alle nuove generazioni. Lo studio delle Verifiche è un’opportunità di riflessione di vedere la fotografia non solo come un percorso di vita, ma come un filosofare, un pensare alla fotografia.

Vedere l’insieme delle fotografie in mostra di Mulas è come vedere un archivio. Nei suoi 18 anni di attività è come se coesistessero i lavori di più fotografi il cui risultato è frutto di un lavoro corale fatto in primis con la moglie Antonia e poi con gli incontri fatti con i personaggi della letteratura, della musica, dell’arte visiva, del cinema, con il costante desiderio di cercare di lavorare sulla durata del tempo dell’opera e questo succede per la poesia, per la letteratura come per il cinema che per il teatro. Se noi mettiamo insieme i nomi Ducahmp, Fontana, Melotti, Strehller, Calder, Grassi, Montale, Eco e tutti quelli che sono immortalati nelle sue fotografie ci rendiamo conto che con tutti loro non vi era un rapporto occasionale ma vi era una condivisione di un percorso durante il quale lavorava comunque sempre su se stesso e la sua dimensione poetica ed empatica è evidente nel raccontarsi con la capacità di leggere dentro e fuori di sé, riuscendo a fotografare non tanto l’opera d’arte, ma l’artista e il tempo dell’opera d’arte.

Egli era un visionario, capace di far vedere l’invisibile, e questo sia quando il suo sguardo si posava sulla città di Milano, nei suoi scatti alle folle come emblema dei rapporti umani, come quando si posava sul mondo dell’arte, dove grazie all’empatia e al suo sguardo poetico riusciva a dare spazio a ciò che l’attimo, il momento, racchiudeva.

Ugo Mulas. L’operazione fotografica, Milano-Palazzo Reale, 7 ottobre 2024-2 febbraio 2025.

( 16 dicembre 2024 )

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