Ma la notte può essere ridotta solo alla cronaca violenta di una gioventù non bruciata bensì deragliata e patologicamente votata alla violenza? Si vada indietro nel retaggio millenario della specie intelligente. La notte fu la conquista con cui l’homo sapiens riuscì ad affrancarsi dalla paura del buio, dalla necessità di ripararsi nelle caverne per evitare il pericolo delle belve carnivore, dalla mera soggezione al ciclo circadiano. La scoperta del fuoco e poi dell’illuminazione segnano una tappa fondamentale del dominio sulla natura e sulla sostituzione di un habitat autodefinito rispetto all’ambiente che di volta in volta si dà. La notte è l’incubatrice dell’evoluzione antropologica. Come tale, acquisisce preminenza sulle modalità dell’articolazione umana in parallelo allo sviluppo tecnico e al mutamento dei costumi. Quando l’invenzione di nuovi strumenti di lavoro riduce la fatica fisica, il tramonto non è più soltanto la cortina che cade sulla giornata attiva. Segna, semmai, l’inizio di un’altra parte delle ore di veglia, le prolunga, e così dilata il tempo