”A oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035/40, quando le ultime frange dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 - in termini previdenziali assai significative, data la loro numerosità - si saranno pensionate”, ha spiegato il presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla. Perché si mantenga questo delicato equilibrio ”sarà però indispensabile intervenire maniera stabile e duratura sul sistema, tenendo conto delle età di pensionamento; dell’invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce senior della popolazione; e delle politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un’intensificazione della formazione professionale”.
E le pensioni saranno giovedì mattina al centro del confronto al ministero del Lavoro tra Governo e sindacati. Spiega il segretario confederale della Cisl Ganga: ”Siamo fiduciosi che al tavolo sarà possibile iniziare un percorso di vera riforma del sistema previdenziale nella direzione di una maggiore equità. È necessario rendere più flessibile la possibilità di andare in pensione con regole che possano contare su di una certa stabilità e non solo con provvedimenti a scadenza annuale come è accaduto negli ultimi anni”. Aggiunge Ganga: ”Colpisce leggere che la Francia si appresta ad una riforma per innalzare il requisito alla pensione a 64 anni dal 2030 - prosegue - mentre l'Italia da anni prevede l'età della pensione di vecchiaia a 67 anni. Cercare di arrivare a una maggiore flessibilità per andare in pensione non può essere considerato un privilegio”. Con il sistema contributivo i lavoratori fanno attente valutazioni di convenienza e lo dimostra anche il fatto che il numero di chi ha utilizzato provvedimenti come quota 100 o 102 è molto più basso di quanto preventivato in sede di valutazione dei costi. La riforma del sistema non si ferma però alla flessibilità, “bisogna tutelare maggiormente le donne che sono state particolarmente penalizzate e recuperare una possibilità di uscita con opzione donna con 58/59 anni superando gli attuali condizionamenti”. Secondo la Cisl serve poi “riconoscere a livello previdenziale i lavori di cura in ambito familiare e allargare le possibilità di pensionamento per chi svolge lavori gravosi e usuranti. L'Ape sociale dovrà essere allargata a nuove categorie di gravosi e dovrà essere resa strutturale. Inoltre è inoltre importante arrivare a definire una pensione contributiva di garanzia per i giovani che hanno avuto carriere di lavoro frammentarie e sostenere in modo più incisivo lo sviluppo della previdenza complementare. Maggiore attenzione deve essere rivolta anche a chi è già in pensione. Alzare l'importo della cosiddetta quattordicesima per i pensionati e allargarne la platea di riferimento – conclude Ganga – è secondo noi un modo corretto per sostenere le pensioni di importo più basso ed è necessario recuperare meccanismi di indicizzazione capaci di tutelare il potere di acquisto di tutti i pensionati”.
Giampiero Guadagni