Matt Bruenig, presidente di 3P (think tank con un’attenzione particolare alle idee economiche socialiste e socialdemocratiche) che ha lavorato come avvocato presso il National Labor Relations Board e come analista politico presso il Demos Think Tank, non ha dubbi: “Per me, questa elezione è stata diversa dalle ultime due in quanto i miei interessi politici particolari (uno stato sociale universalista, la sindacalizzazione di massa e la socializzazione della ricchezza) erano assenti. L’amministrazione Biden non ha ottenuto nulla di significativo su questi fronti. Non c’è stata una campagna primaria che presentasse un candidato che sostenesse queste cause. Harris non si è candidata per loro”. Continuano le analisi a sinistra sulle recenti elezioni presidenziali Usa, ma la messa a fuoco resta ancora opaca. Harris ha scelto la stessa strada che ha contraddistinto i democratici nelle scorse tornate elettorali, non solo nelle presidenziali: fare leva su genere e etnia come identity politics, fare leva sul virtue signalling dei vari divi di Hollywood e cantanti, cercare di fare breccia sugli afroamericani presentandosi come una di loro, prediligere gli ambienti universitari anziché quelli lavorativi. Imbastire la propaganda politica facendo leva su temi poco avvertiti dalla maggioranza della popolazione non ha aiutato. Harris si è rifiutata in pratica di dare una netta discontinuità agli ultimi quattro anni, quando gli elettori avevano indicato che era in effetti ciò che volevano. La sua incapacità di prendere davvero le distanze da Biden e di spiegare alla gente in che modo la sua amministrazione sarebbe stata diversa non ha convinto gli elettori. E questo mentre anche Kennedy nel tratto finale ha aiutato Trump a ottenere il sostegno degli elettori indipendenti, tra cui le mamme di periferia preoccupate per la salute dei bambini: un certo numero di elettori sono stati alla fine convinti a sostenere Trump grazie a Rfk Jr., aggiungono alcuni giornalisti americani che hanno analizzato il modo di esprimersi di Trump notando quanti termini più o meno violenti da lui usati non hanno minimamente influito nelle urne. Pochi elettori ne sono rimasti scioccati. E’ come se i temi woke, insomma, non avessero avuto nessuna presa in campagna elettorale. Per quanto ripugnante il personaggio appaia nel mondo occidentale fuori dai confini, l’America lo ha scelto senza lasciarsi condizionare, e questa è democrazia. Gli americani hanno scelto Trump perché è anti-establishment. Ed in lui hanno riscoperto la ribellione che ha forgiato l’intera nazione. Il filosofo sloveno Slavoj Žižek suppone che la sinistra abbia perso proprio perché accetta ciecamente le narrazioni lineari e non mette mai in dubbio il sistema. In un articolo su “Unheard” dal titolo “Gli uccelli schiacciati del progresso” racconta che all’inizio di The Prestige di Christopher Nolan, un mago esegue un trucco con un piccolo uccello che scompare in una gabbia appiattita sul tavolo. Un bambino tra il pubblico inizia a piangere, sconvolto perché l’uccello è stato ucciso. Il mago gli si avvicina e finisce il trucco, tirando fuori delicatamente un uccello vivo dalla sua mano, ma il bambino non è convinto, insistendo che deve essere un altro uccello, il fratello dell’uccello morto. Dopo lo spettacolo, vediamo il mago da solo, che mette un uccello schiacciato nella spazzatura dove giacciono molti altri uccelli morti. “Il bambino aveva ragione. Il trucco non potrebbe essere eseguito senza violenza e morte, ma basa la sua efficacia sul nascondere lo squallido, rotto residuo di ciò che è stato sacrificato, sbarazzandosene dove nessuno che conta lo vedrà. In ciò risiede la premessa di base di una nozione dialettica di progresso: quando arriva un nuovo stadio superiore, ci deve essere un uccello schiacciato da qualche parte. La prima cosa a cui rinunciare è quindi qualsiasi nozione di progresso lineare globale dell’umanità, sia essa formulata da Karl Marx, postulata da liberali come Francis Fukuyama (che dichiarò la fine della storia) o dominata dalla dialettica illuminista. Non ci dovrebbero essere limiti alla ricerca di uccelli schiacciati”. Restano, certo, le perplessità sul Tycoon: “Mao disse: La rivoluzione non è una cena. Ma se la realtà dopo la rivoluzione fosse ancora meno una cena? Questo non implica in alcun modo che dovremmo abbandonare il progresso, dovremmo piuttosto ridefinirlo, e il primo passo per farlo è essere in grado di riconoscere le realtà scomode, anche quelle che appaiono squallide e mutilate, e specialmente quelle che troviamo vergognose e dolorose. Abbiamo bisogno di meno uccelli schiacciati nascosti nei bauli mentre applaudiamo il falso uccello vivo che ci distrae dalla corruzione capitalista e dal potere autoritario”. Lasciando da parte domande più astratte su come ciò apparirebbe e significherebbe se fosse raggiunto, non bisogna guardare molto lontano per trovare gli uccelli morti che disseminano il sentiero verso il progresso come foglie autunnali, dai costi energetici astronomici che gravano su un pianeta in fiamme alle persone i cui lavori saranno sempre più svolti dall’intelligenza artificiale. “Ecco come appare l’impegno cieco verso un’idea di progresso adottata acriticamente; i sostenitori dell’intelligenza artificiale parlano della libertà che porta, ma sono vaghi sulla libertà da cosa, per chi e per cosa. Libertà per l’umanità di dedicarsi al tempo libero, all’arte o alla meditazione? Oppure la libertà per un’oligarchia di tecnocrati dal minimo vincolo al contratto sociale, in cambio della riduzione dell’umanità a un ingranaggio nell’infinita autoriproduzione dell'intelligenza artificiale? Ecco dove hanno sbagliato i “progressisti” di sinistra. Nell’accettazione acritica di ideologie che la massa disprezzata in quanto tale non approva come loro, o su cui comunque nutre qualche scetticismo. “Il nostro punto di partenza dovrebbe essere che non esiste una cosa come il progresso in generale. Ma il vero progresso deve mirare a redimere retroattivamente tutti gli uccelli schiacciati dei progressi passati, non redimendoli nella realtà, ma redimendo la potenzialità che era presente in loro”.
Raffaella Vitulano