Si è spento Giovanni Sabbatucci. Da qualche anno non stava bene. Aveva raggiunto da poco gli ottanta. E' stato mio compagno di banco alla scuola elementare. Era il contrario di me: tutto ordinato, con il grembiule a posto, i quaderni ben tenuti,, esponeva già da piccolo la lezione come un libro stampato.
Ci volevamo bene: Poi l'ho rivisto al liceo Mamiani dove eravamo in classi opposte. Poi all'università di lettere dove lui eccelleva negli studi ed io avevo ripiegato in quelli filosofici dopo avere abbandonato architettura. Era sempre amichevole e pronto a discutere sui punti cruciali della storia italiana del 900, sulla scia del suo maestro Renzo De Felice di cui ambì essere l'erede per il deciso sguardo di impronta liberale sulla dittatura fascista , l'antifascismo e l'ambigua politica del PCI tra mito dell'URSS e scelta democratica occidentale. Giovanni polemizzava con garbo e fermezza, io ascoltavo e spesso rispondevo irridendo il suo anticomunismo, pregiudiziale si, ma dagli argomenti misurati e intelligenti.
Giovanni trascorreva spesso l'estate in montagna, sulle Dolomiti che tanto amava. Un giorno - non eravamo ancora 40enni-lo incontrai sui sentieri dell'Ampezzano tutto solo con lo zaino e l'alpenstock. Gli proposi una salita avventurosa lungo la tortuosa lunga e ripida via ferrata "Lipella" che porta fino alla cima della Tofana di Rozes. Non se lo fece dire due volte, vinse ogni timore e il giorno dopo attaccammo ii cammino della galleria del Castelletto, superammo in marcia la lunga costa in quota con l'aiuto di appigli fino a quando non ci si parò dinanzi una lastra rocciosa di quasi duecento metri verticali da risalire in arrampicata assistita di notevole esposizione. Non ci perdemmo d'animo: io per primo, Giovanni dietro di me, guadagnammo la salita fino a scorgere la vetta della Tofana tutta bianca di neve. Ci arrampicammo in cima e poi cominciò la discesa lungo il fianco della montagna opposto a quello dal quale eravamo saliti, caracollando fino al vecchio rifugio Cantore per poi discendere sentieri ripidi e scoscesi ghiaioni fino al punto di partenza. Dieci ore circa di marcia. Una impresa di cui andammo fieri, e che inorgogliva particolarmente Giovanni, smilzo e mingherlino com'era, ma sempre intrepido e coraggioso nel porsi compiti da montanaro sempre più impegnativi. Ho ricordato questo episodio proprio quando ho saputo della sua dipartita, che mi ha fatto pensare naturalmente anche un po' alla mia, visto che sono suo quasi coetaneo e dunque più o meno relativamente "in lista di attesa".
Lo ricordo tutto allegro e felice al termine di quella giornata armato di corde e agganci vari, dopo avere "conquistato" la Tofana in compagnia di quel “comunista impenitente” del suo ex compagno di banco, col quale amava polemizzare tanto quanto marciare unito. Buon viaggio, caro Giovanni, ci vediamo alla prossima ascensione.