I Paesi Ue sono in ritardo alla prima importante scadenza del nuovo Patto di stabilità. Entro il 20 settembre i 27 dovranno presentare i piani pluriennali di spesa. In teoria. Perché solo un paio di Paesi potrebbero arrivare in tempo, da quanto trapela a Bruxelles. Sin dall'inizio era comunque prevista flessibilità. L'Italia sforerà di qualche giorno. Il Mef punta a portare domani il documento in Cdm e attendere poi le revisioni Istat del 23 per includere eventuali aggiornamenti nel piano e trasmetterlo quindi al Parlamento, dove l'esame partirà a inizio ottobre. L'invio a Bruxelles arriverà comunque prima del 15 ottobre, senza sovrapporsi alla scadenza per il Documento programmatico di bilancio con le linee guida della manovra.
Quello italiano è, per sommi capi, lo schema previsto nella gran parte dei Paesi Ue, con l'attesa dell'aggiornamento dei dati statistici dalle autorità nazionali e qualche giorno ancora per il passaggio in Parlamento. Ci si aspettava che i due puntuali sarebbero stati Danimarca e Finlandia. Ma il governo finlandese, fanno sapere da Helsinki, dovrebbe decidere sul Psb il 10 ottobre. Incuriosisce, comunque, che tra i 'ritardatari' ci siano perfino falchi sui conti come Germania o Olanda, che pure con i piani non devono garantire un aggiustamento strutturale (come l'Italia). Francia e Belgio, invece, sono rallentati per i negoziati sulla formazione del governo.
La puntualità conviene soprattutto ai Paesi che devono compiere gli sforzi fiscali maggiori. Con il via libera ai Psb la Commissione Ue (entro 6 settimane dalla presentazione) e poi il Consiglio Ue dovranno autorizzare anche l'estensione dei piani dai 4 ai 7 anni, permettendo di diluire l'aggiustamento dei conti. Il punto è che per gli otto Paesi in disavanzo eccessivo - Italia, Francia, Belgio, Ungheria, Malta, Polonia, Slovacchia e Romania - con o senza piani a un certo punto scatterà la tagliola del rientro del deficit. E senza l'estensione, questo potrebbe comportare per il 2025 una stretta ben più dolorosa. Se poi sarà approvata l'estensione del piano il rientro si farà più 'morbido'.
Bruxelles dovrebbe pronunciarsi sull'entità di rientro del disavanzo nella cosiddetta 'raccomandazione' sul deficit, attesa nel pacchetto di autunno del semestre europeo. Si ipotizzava che sarebbe arrivato per novembre, ma i trattati non fissano scadenze (le uniche sono sul Dpb), e qualche incertezza sul calendario non è esclusa. L'invito agli Stati è comunque quello di sbrigarsi. Le cifre di aggiustamento chieste dalla Commissione per i Psb non sono ancora pubbliche. Per l'Italia l'attesa è a 7 anni e si parla di un intervento nell'ordine dello 0,6% del Pil, mentre a 4 anni sarebbe di quasi l'1,1%.
Con un piano a 7 anni la Francia dovrebbe fare invece un aggiustamento dello 0,5%, ma dello 0,9% con un piano a 4 anni: se lo sforzo chiesto sulla base del 'braccio correttivo' del Patto (il rientro del deficit in eccesso) sarà allineato a queste cifre (le regole chiedono un rientro di almeno lo 0,5% del deficit) presentando in grande ritardo il piano e facendo scattare intanto l'aggiustamento per deficit, Parigi rischia misure più dolorose il primo anno. L'estensione da 4 a 7 anni non è comunque scontata anche per i più puntuali: qui entra in gioco il tema dei negoziati tecnici tenuti negli ultimi mesi, e ancora in corso, con la Commissione.
L'allungamento verrà concesso infatti a fronte di "riforme e investimenti" capaci di migliorare la sostenibilità dei conti. Non c'è quindi alcun automatismo per l'estensione, considerando in questo avvio del nuovo Patto anche le riforme incluse nel Pnrr. Così si era ipotizzato in fase negoziale, ma in realtà le nuove regole prevedono solo che l'esecutivo Ue possa tenerne conto.
Rodolfo Ricci