Venerdì 22 novembre 2024, ore 8:46

Strasburgo 

Eurocamera: primo sì al Patto Ue. E Macron invoca gli eurobond 

Il primo ok alla nuovo Patto di stabilità a Strasburgo, il blitz di Emmanuel Macron a favore degli eurobond a Davos: la politica economica dell'Ue che verrà, sull'asse che unisce idealmente l'Alsazia alla Svizzera, incassa due importanti novità. Il sì alla posizione negoziale dell'Eurocamera, arrivato a larga maggioranza, era cruciale perché indispensabile per avviare la trattativa tra le istituzioni Ue per il testo finale della nuova governance economica. Una riforma che, alla futura Commissione, fornirà un quadro di regole necessario ma, molto probabilmente, non sufficiente. Ed è qui che si inserisce l'intervento del presidente francese, che si riallaccia ad un'idea che si sta facendo spazio nei corridoi della Commissione: quello di Next Generation 2.0 per rilanciare la competitività dell'Europa.

Patto di stabilità e intervento per il rilancio dell'industria viaggiano su due binari temporali diversi. Se sulla competitività l'Ue comincerà ad entrare nel vivo solo dopo il voto di giugno, sulla riforma delle regole fiscali ogni ritardo potrebbe essere fatale. Non a caso il commissario Ue , Paolo Gentiloni, ha rinunciato al World Economic Forum di Davos per essere presente al voto della Plenaria e all'inizio, avvenuto subito dopo, del cosiddetto trilogo, ovvero dei negoziati tra Eurocamera e Consiglio, con la mediazione dell'esecutivo europeo. "In questo contesto globale abbiamo bisogno di un'intesa in poche settimane, serve uno spirito di compromesso da parte di tutti", ha spiegato l'ex premier italiano consapevole delle mille insidie che si nascondono nei triloghi e delle differenze, piuttosto nette, tra il testo concordato dai 27 lo scorso dicembre e quello approvato dall'Eurocamera come base di partenza per i negoziati. Gli eurodeputati, infatti, hanno scelto di allentare in maniera evidente le maglie dell'austerity.

Nel testo del Pe, a dispetto di quello del Consiglio, non c'è ad esempio il benchmark del 1,5% nel rapporto tra deficit e Pil che la Germania ha voluto inserire come clausola di resilienza a prescindere dal parametro del 3%. Il rientro del debito prevede un 1% annuale per i Paesi oltre la soglia del 90% del Pil in entrambe le proposte ma con tempistiche diversissime. Oltre ai sette anni previsti sia dal Consiglio che dal Pe per i piani di spesa accompagnati dalle riforme, i relatori di Strasburgo hanno proposto un supplemento di dieci anni per completare la riduzione del debito eccessivo. E, sempre nel testo del Pe, si prevede che uno Stato possa discostarsi dai piani di spesa concordati per un massimo di 5 anni e per investimenti in settori strategici, come quello della transizione. Il negoziato, insomma, sarà in salita.

La presidenza belga dell'Ue punta a chiuderlo entro i primi dieci giorni di febbraio, per avere a marzo il voto finale. Su tutto pesa il rebus dell'entrata in vigore delle nuove regole. Sarà quasi certamente piaciuto a molti in Italia l'endorsement di Macron per gli eurobond da mettere in campo su "grandi priorità strategiche". Citando il Next Generation l'uomo dell'Eliseo ha invitato l'Ue a fare di più, perché servono maggiori investimenti.

Rodolfo Ricci

( 18 gennaio 2024 )

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