La corsa contro il tempo per scongiurare la guerra commerciale globale è serrata: tutti gli occhi sono puntati sul 20 gennaio, quando Donald Trump prenderà la guida della Casa Bianca. Ma la tensione sull'asse Bruxelles-Pechino resta alta: l'Ue ha deciso di trascinare la Cina davanti allla Wto per quella che è ritenuta una sul brandy made in Europe, bersaglio delle misure cinesi anti-dumping liquidate dall'esecutivo di Ursula von der Leyen come prive di fondamento. Una mossa che segna un'improvvisa nuova escalation, assestando un colpo alle prove d'intesa in atto da settimane per annullare i recenti dazi imposti dall'Ue sulle importazioni di auto elettriche prodotte dal Dragone.
"La Cina non ha fornito prove concrete di un reale danno" causato dalle esportazioni europee alla sua industria del brandy, ha attaccato il vicepresidente responsabile per il Commercio Ue, Valdis Dombrovskis, impegnato da mesi a tessere la tela diplomatica in un delicato dialogo con l'omologo cinese Wang Wentao, evidenziando che Bruxelles mantiene "l'impegno di proteggere la sua industria da accuse infondate e dall'abuso di strumenti di difesa commerciale". Anche Pechino non arretra, nella tesi diametralmente opposta che le misure introdotte siano "legittime", conformi alle regole internazionali e specchio della responsabilità del governo di tutelare i legittimi diritti e interessi delle sue industrie. Simboli della rispettiva eccellenza industriale, i comparti delle e-car e del brandy sono al centro di uno scontro commerciale che negli ultimi mesi si è acuito sempre più.
La Cina ha colpito il cuore dell'export europeo del brandy rispondendo di fatto alla decisione dell'Ue - arrivata nonostante la battaglia di retroguardia di Berlino - di approvare dazi fino al 35,3% (oltre alle tariffe del 10% già in vigore) sulle auto elettriche cinesi. Nel mirino di Pechino, marchi europei iconici del distillato come Martell (30,6%), Jas Hennessy (39%) e Rémy Martin (38,1%). Misure pesanti per la Francia, maggiore esportatore di cognac verso la Cina, ora in cerca di una via d'uscita: all'inizio del 2025 il premier Michel Barnier volerà a Pechino per trovare un punto di caduta. Ben prima, nei prossimi dieci giorni, il Dragone sarà chiamato a rispondere al ricorso dell'Ue alla Wto per trovare una soluzione mediata.
L'esito è legato anche all'impegno diplomatico sulle auto elettriche. In programma non c'è alcun faccia a faccia, viene assicurato da Bruxelles, lasciando intendere che - nonostante una soluzione sia ritenuta "più vicina" di qualche settimana fa anche da parte cinese - una svolta non appare imminente. Il compromesso vedrebbe comunque Pechino impegnarsi su un prezzo minimo di vendita delle sue e-car in Ue compensando l'effetto distorsivo dei suoi maxi-sussidi all'industria ritenuti sleali. Si tratterebbe, secondo la voce del ricercatore cinese Zhou Mi affidata al Global Times - il tabloid nazionalista del Quotidiano del Popolo - di un messaggio "positivo" e "incoraggiante".
La risoluzione dei dazi attraverso il dialogo è emersa nel bilaterale tra del 19 novembre, a margine del G20 di Rio de Janeiro, tra il presidente cinese Xi Jinping e il cancelliere tedesco Olaf Scholz: Xi, nel resoconto della Xinhua, ha detto che la mossa Ue sui veicoli elettrici cinesi stava attirando l'attenzione in tutto il mondo e che Pechino insisteva nel risolvere le divergenze con il dialogo e la consultazione, chiedendo a Berlino di svolgere un ruolo di mediazione nel contenzioso.
Rodolfo Ricci