In uno scenario dominato da incertezza e alta volatilità la Banca centrale europea mantiene la barra a dritta e prosegue sulla sua rotta segnata da tagli dei tassi regolari, necessaria a sostenere l'economia dell'Eurozona in difficoltà. Il prossimo calo del costo del denaro potrebbe arrivare anche giovedì, mentre domani la Federal Reserve dovrebbe dare un segnale attendista, dando una pausa al suo ritmo di cali in attesa di capire l'effetto sull'economia del tornado Trump. In Europa il quinto calo consecutivo del tasso di deposito lo porterà al 2,75%, non lontano dal tasso terminale, o neutrale, che per ora è fissato tra l'1,75% e il 2,25%, da raggiungere entro l'estate con tagli da 25 punti base ad ogni riunione. Non è escluso che la Bce decida ad un certo punto per una riduzione più corposa, da 50 punti, per stimolare l'economia, ma per ora non vuole rischiare di dare segnali di allarme.
Meglio tenersi qualche cartuccia per le emergenze, che con le politiche imprevedibili di Trump possono arrivare in qualunque momento. Se si passasse dalle minacce ai fatti, i nuovi dazi sulle importazioni europee aggraverebbero ulteriormente la situazione economica del blocco, già frenato dalla contrazione tedesca. L'Eurozona fatica già da sola a guadagnare slancio.
A dicembre scorso la Bce ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita, ora ferme allo 0,7%, con prospettive altrettanto modeste per gli anni successivi. La Germania non solo è al secondo anno consecutivo di recessione, ma con le elezioni a febbraio aggiunge nebbia al quadro già offuscato dall'instabilità politica in Francia. Nonostante le sfide, l’Eurotower è determinata a mantenere la sua "road map", come ha confermato anche la presidente Christine Lagarde a Davos la scorsa settimana: "Siamo partiti presto e con mosse graduali", e l'idea è di continuare su questa strada anche se la Bce è pronta a fare il necessario se ce ne fosse bisogno, aveva assicurato. Non è escluso che, con l'intensificarsi delle pressioni esterne e l'aumento del prezzo del petrolio, alcuni membri del consiglio direttivo chiedano di nuovo, come avvenuto a dicembre, di allungare il passo.
Nel frattempo, la Fed sembra aver scelto un approccio attendista. Come detto prima, domani, alla vigilia della riunione della Bce, dovrebbe mantenere i tassi invariati. Una posizione che le consentirà di prendere tempo per valutare l'impatto sull'economia americana delle politiche del nuovo presidente, visto il rischio che le tensioni commerciali possano riaccendere l'inflazione, con inevitabili ricadute anche sull'Europa.
E’ chiaro che in un'epoca di grande volatilità resta fondamentale che le banche centrali abbiano l'indipendenza necessaria ad assicurare il loro mandato di garantire la stabilità dei prezzi: è questa naturalmente la posizione della presidente della Bce, ribadita anche in un discorso pre-registrato il 15 gennaio per la conferenza organizzata dalla banca centrale ungherese. Lagarde ha spiegato che "ci sono evidenze che suggeriscono come l'influenza politica sulle decisioni delle banche centrali possa contribuire in modo sostanziale alla volatilità macroeconomica". Ad esempio, persistenti pressioni su una banca centrale hanno avuto un impatto sul livello e sulla volatilità dei tassi di cambio, sui rendimenti dei titoli di Stato e sui premi di rischio.
La volatilità è anche frutto delle tensioni geopolitiche che "minacciano di amplificarla aumentando la frequenza degli shock che colpiscono l'economia globale", ha detto Lagarde. Ma l'indipendenza delle banche centrali, invece, "contribuisce a rafforzare" la propria area in un mondo sempre più definito dalle rivalità geopolitiche.
Rodolfo Ricci