L'inflazione nell'area dell'euro dovrebbe attestarsi al 2,4% a dicembre 2024, in aumento rispetto al 2,2% di novembre. Lo dicono le stime stima 'flash' di Eurostat. La componente principale resta quella dei servizi (4%, dal 3,9% di novembre), seguiti da prodotti alimentari, alcolici e tabacco (2,7%), beni industriali non energetici (0,5%) ed energia (0,1%). L'inflazione in Italia è vista calare all'1,4% a dicembre (dall'1,5% di novembre) e seconda solo all'Irlanda (1%). Tassi più alti in Croazia (4,5%) e Belgio (4,4%). Riaprono le Borse ed entrano nel vivo dell’anno nuovo, al termine del lungo periodo festivo e semifestivo. Ancora si guarda ai prezzi sui due fronti dell’Atlantico, e al crescente disaccoppiamento di politiche tra la Fed, che ha dimezzato nell’ultima riunione il numero di tagli ai tassi del dollaro previsti nel 2025, e la Bce che sempre da più parti è accusata di avere ridotto poco e tardi il tasso dell’euro.
La Bce è stata troppo lenta nel tagliare i tassi di interesse per aiutare la stagnante economia dell'Eurozona. È quello che emerge i da un sondaggio effettuato dal Financial Times che ha riguardato oltre 70 economisti, gran parte dei quali ha puntato il dito contro le incertezze dell'Eurotower. Il 46% degli intervistati afferma che l'istituzione guidata da Christine Lagarde "è rimasta indietro" e non ha agito in sincronia con l'andamento dei fondamentali dell'economia.
Il 43% degli economisti interpellati, invece, si è detto convinto che la politica monetaria della Bce sia stata gestita nel modo migliore. Le attese sono per quattro-cinque tagli da 25 punti base dei tassi quest'anno da parte dell’Eurotower, contro i due attesi per la Federal Reserve. "Non è ancora il momento di stappare lo champagne". Ricorre a questa immagine Adriana Kugler, autorevole membro del board della Federal Reserve, per spiegare come il 2025 si apra per la banca centrale statunitense con un grande dilemma: procedere spediti col taglio dei tassi avviato lo scorso anno, per non correre il rischio di danneggiare economia ed occupazione; oppure frenare di fronte a un andamento dei prezzi ancora non completamente sotto controllo.
Del resto Kugler non è la sola a sottolineare con forza come l'inflazione non è ancora domata, a novembre tornata a salire negli Stati Uniti al 2,4%. Mary Daly, presidente della Fed di San Francisco, sottolinea come il lavoro della banca centrale per ritornare sulla soglia di riferimento del 2% "non è ancora finito", anche se serve cautela".L’Eurotower si è occupata anche di Pnrr: i fondi del Next Generation Eu aggiungerebbero 1,4 punti al Pil dell'Italia e della Spagna, i due principali beneficiari, fino al 2026 nello scenario di un "elevato assorbimento" degli aiuti europei e di una produttività media della spesa implementata tramite il Pnrr. La previsione della Bce è riferita solo al canale fiscale e dunque non all'impulso delle riforme strutturali sulla produttività - contenuta in una valutazione preliminare del programma europeo, che stima invece a 0,7 punti di Pil per l'Italia, e 0,9 punti per la Spagna, l'impatto al 2031.
Però l’impatto favorevole degli aiuti europei del Pnrr sul debito di Italia e Spagna, pur "rilevante", vede una significativa revisione al ribasso rispetto alle stime iniziali della Bce. Revisione che per l'Italia e la Spagna ridimensiona il beneficio a 7-8 punti di debito/Pil al 2031, contro 12-14 punti inizialmente stimati. Si attribuisce il minor impatto sul debito - a livello europeo - a "ritardi nell'implementazione che hanno condotto a una significativa revisione al ribasso del Pil potenziale, con conseguenze sulle proiezioni del debito a lungo termine".
Rodolfo Ricci