Nessun opera d’arte contemporanea poteva essere più adatta ad inaugurare la stagione espositiva di mostre temporanee della “Grande Brera” che quella di Mario Ceroli dal titolo “La forza di sognare ancora”. Una site specific, allestita nello spazio dell’apogeo di Palazzo Citterio a Milano, che aderisce in modo simbiotico ed immersivo con l’ambiente e con il visitatore. La mostra, curata da Cesare Biasini Selvaggi, è costituita da ben 10 opere dell’artista, romano d’adozione, di recentissima produzione, di cui alcune create appositamente per lo spazio in cemento armato, dall’architettura tardo brutalista, progettato dall’architetto James Stirling negli anni Cinquanta. Si tratta di una sala molto imponente ma “cattiva”, come dice Mario Ceroli, a causa di un pilastro centrale che condiziona gli allestimenti, ma dotata di un'apertura (suo punto di forza) che assomiglia alla bocca di un proscenio, consentendo allo spettatore di osservare dall'alto il palco di un ipotetico teatro che poi corrisponde a quello “della vita”, e che, nella mostra di Ceroli è rappresentato dalla “site specific” formata dalle 10 opere monumentali. Un allestimento in cui l’artista ci parla dell’intersezione tra arte, umanità, comunità e antropologia (temi che egli affronta fin dalla fine degli anni Cinquanta), invitando alla riflessione sul rapporto uomo-natura, sull’armoniosa esistenza di ogni essere vivente sia esso uomo, animale o vegetale, e sul valore dell’arte come strumento di comunicazione di forme e valori sociali e civili.