È un fatto. La Bce ha più urgenza di fronte alla recessione industriale di Germania e Italia, la Fed se la prende più comoda grazie alla crescita che tiene meglio. Ma entrambe le banche centrali vanno verso un taglio dei tassi d'interesse prima della pausa natalizia, con segnali di rallentamento dell'economia che promettono di rafforzare il trend di discesa dell'inflazione. Per Francoforte pare certo un quarto taglio dei tassi d'interesse alla riunione di giovedì 12 dicembre. Dopo l'apertura persino del 'falco' Joachim Nagel, l'unico dubbio se il taglio sarà da un quarto di punto, come accaduto a giugno, settembre e ottobre, o uno più deciso da mezzo punto, che le scommesse degli investitori danno circa a 30%. Nel primo caso, più probabile, il tasso sui depositi scenderà al 3%.
Il dibattito fra i governatori e i membri del Comitato esecutivo a Francoforte è già proiettato sul dopo: a che ritmo proseguire coi tagli nel 2025 e dove fermarsi, se a un livello 'neutrale' (poco sopra il 2%) o al di sotto assumendo un atteggiamento espansivo, come chiedono alcune delle 'colombe'. L'urgenza per la Bce, e il motivo del riemergere di ipotesi di stimolo monetario fino a pochi mesi fa impensabili, è il tracollo dell'industria europea che prosegue da quasi due anni. Un'emergenza confermata dai dati sulla produzione industriale tedesca, scesa a ottobre dell'1% su mese e del 4,5% su anno facendo anche peggio delle previsioni degli economisti che si attendevano una crescita dell'1% mese su mese e un calo del 3,3% anno su anno.
Ma evidente anche per l'industria italiana, in rosso dal febbraio 2023 con un -4% su anno a settembre (-2% il dato europeo) e che a ottobre, nelle previsioni della Bloomberg per il dato che Istat pubblicherà oggi, avrebbe segnato -0,1% su mese e -3,6% su anno. Al centro della crisi industriale europea le vendite di auto a picco, che la politica ama addossare alle politiche green europee ma che fronteggiano un cambio di paradigma epocale non tanto per l'elettrico, quando per una rivoluzione delle preferenze dei consumatori che sta causando invenduto e licenziamenti anche negli Usa. C'entra poco la politica monetaria, ma la Bce non può stare a guardare: l'industria che sta mandando la Germania in stagnazione per il secondo anno e, di fatto, ha dimezzato a 0,5% la crescita italiana attesa dall'Istat per il 2024.
In Italia, poi, arrancano i consumi che avrebbero dovuto prendere il testimone degli investimenti (negativi). E su tutta Europa si stende l'ombra minacciosa di una potenziale guerra dei dazi scatenata da Trump, oltre all'instabilità politica in Francia e Germania. Se la Bce ha fretta, la Fed è meno sotto pressione ma non dovrebbe lesinare un taglio dei tassi che dà motivo ai bond per festeggiare (rendimenti in calo dagli Usa all'Europa, con o spread italiano in chiusura a 108). "Possiamo permetterci di essere un pò più cauti" aveva detto il presidente Jay Powell due giorni fa. I 227.000 nuovi posti di lavoro creati a novembre, sopra le attesa ma con un tasso di disoccupazione in rialzo al 4,2% dal 4,1% di ottobre, suggeriscono un'economia ancora solida ma che sta frenando, come dice anche la crescita al 2,7% annualizzato nel terzo trimestre.
Per la riunione della Fed del 17-18 dicembre potrebbe essere decisivo il dato sull'inflazione in arrivo domani, ma gli economisti propendono per un terzo taglio dei tassi. Come il chief economist di Citigroup Andrew Hollenhorst: "Powell era stato molto positivo nell'ultimo paio di mesi dopo i dati solidi sul mercato del lavoro a settembre, penso che ora sarà un pò meno positivo".
Rodolfo Ricci