Dopo ben 52 anni di lavori e progetti con l’inaugurazione avvenuta il 7 dicembre scorso di Palazzo Citterio, completamente restaurato e restituito nella sua originale bellezza, si realizza finalmente un sogno. Una data memorabile che rimarrà nella storia di Milano come “momento epocale”, come dichiara l’odierno direttore di Brera Angelo Crespi, coronamento della creazione della “Grande Brera”.
Un progetto nato nel 1977 da un’idea di Franco Russoli, suo visionario Direttore, che insieme al Sovrintendente Gian Alberto Dell’Acqua, pensò, con l’acquisto da parte dello Stato di Palazzo Citterio avvenuto nel 1972, di dare alla Pinacoteca di Brera un luogo non solo in cui conservare e dare spazio all’arte del Novecento, ma anche uno spazio in cui riunirsi, sperimentare e fare ricerca; un luogo in cui fare incontrare una collezione di arte antica e una di arte moderna tra le più importanti del mondo, dando vita ad una visione di grande museo vivo e aperto al futuro. Un progetto unico capace di unire arte e scienza in un’idea di complementarietà di saperi, proprio come pensavano i grandi filosofi del mondo antico e questo grazie alla compresenza nel disegno della “Grande Brera” del secolare Orto Botanico, che unisce fisicamente i due grandi edifici dove si trovano l’Accade mia e Palazzo Citterio, con l’Osservatorio Astronomico di Brera, fiore all’occhiello della ricerca per gli studi scientifici e di astrofisica. Un intero quartiere unito per dare spazio a saperi umanistici e scientifici di una comunità in cui convergono i patrimoni di ben 8 istituzioni come la Pinacoteca, la Biblioteca Braidense, l’Accademia di Belle Arti, l’Osservatorio Astronomico, l’Orto Botanico, l’I stituto per le Scienze e le Lettere, gli Amici di Brera e la Fondazione Ricordi”. In pochi immaginano che il palazzo di Brera contenga al suo interno otto differenti istituzioni che da secoli producono arte, cultura, educazione e scienza con assoluta eccellenza, generando una comunità che non ha eguali a Milano” dichiara l’architetto Luca Molinari, a cui è stato affidato l’allestimento della mostra “La grande Brera. Una comunità di arte e scienze” presente all’ultimo piano di Palazzo Citterio, e aperta al pubblico fino al 10 marzo, in cui si raccontano per la prima volta le vicende architettoniche e delle diverse comunità che hanno abitato l’edifi cio di Brera dal 1300, quando gli Umiliati vi costruirono il loro monastero, sino ad oggi. Una mostra che costituisce un primo passo significativo per leggere la complessità e la bellezza che si nasconde dietro questo grande sogno, che ha visto coinvolti nel corso degli anni figure significative della comunità braidense da Ettore Modigliani a Fernanda Wittinges, da Franco Russoli a James Bradburne e che ora con l’apertura di Palazzo Citterio è divenuto finalmente realtà sotto la guida del suo Direttore Angelo Crespi, che ha ininterrottamente lavorato al progetto dal giorno del suo insediamento, avvenuto il 15 gennaio 2024, fino ad oggi.
Sottoposto nel corso degli anni a più interventi di restauro il settecentesco palazzo Furstenberg, più comunemente conosciuto come Palazzo Citterio, situato in Via Brera 11-14, si presenta al visitatore come un luogo ricco di fascino grazie alla convivenza di stili e di storie, che dal passato arrivano ad oggi, distribuite su tre piani, in cui i capolavori dell’arte moderna trovano finalmente la loro ideale collocazione accanto alle opere di arte contemporanea, che nel tempo si avvicenderanno nei suo molteplici spazi, attraverso mostre temporanee. Se infatti il primo piano, o piano nobile, è stato progettato per accogliere le collezioni permanenti costituite dalle opere delle famiglie Jesi e Vitali, che un tempo abitavano le due ali del palazzo, con una grande sala all’ingresso, denominata sala 40, che funge da elemento di raccordo con i capolavori conservati nella Pinacoteca (che arrivano a coprire il periodo fino al 1861), grazie alla presenza sulle sue pareti delle opere di Previati (I funerali di una vergine, Adorazione dei magi), di Boldini (Pastello bianco), e nella parete centrale della “Fiumana” di Giuseppe Pelizza da Volpedo, l’a pogeo del palazzo e il secondo piano sono stati invece studiati per accogliere nei loro ampi spazi mostre temporanee di rilievo che si avvicenderanno nel tempo, a differenza degli spazi all’ingresso, che hanno una funzione sociale e di accoglienza e incontro per i diversi visitatori. Gli ingressi di Palazzo Citterio, al civico 12 e 14 di Via Brera, entrambi aperti al pubblico, non sono infatti stati studiati solo come luoghi di accesso agli spazi interni, ma piuttosto come luoghi da abitare e in cui vivere la città, grazie ad elementi architettonici e ad arredi che invitano all’aggre gazione e nello stesso tempo incuriosiscono il visitatore rispetto al patrimonio artistico conservato nelle sale del palazzo. Le diverse stratificazioni storiche di cui è testimone Palazzo Citterio si fanno sentire appena varcato il portone d’ingresso del civico 12 dove, ad accogliere il pubblico, è stato collocato nel cortile un tempietto in legno di forma circolare, che funge da raccordo tra l’esterno e i vari ambienti della “Grande Brera”, coniugando ispirazione classica e modernità in un progetto di MCA (Mario Cucinella Architects). Un’in stallazione ispirata a “Lo sposalizio della Vergine “ di Raffaello donata a Brera dal Salone del Mobile per promuovere una visione culturale, dove design e arte diventano strumenti di rigenerazione urbana, culturale e connessione comunitaria, vista la sua funzione polifunzionale come luogo di incontro e di relax per gli ospiti, oltre che di sintesi tra tradizione e innovazione. Una componente contemporanea che dà accesso al giardino accanto all’orto Botanico (da cui in futuro si potrà accedere direttamente al cortile) offrendo uno spazio coperto in cui sedersi e sostare invitando alla contemplazione e alla bellezza creata dai giochi di luce, richiamo alla sacralità, generati da un velario che pende dall’alto della cupola del tempietto.
Anche nell’ingresso al civico 14 è presente uno spazio aperto alla comunità in un ambiente accogliente completamente rinnovato, dove trovano posto un infopoint e un bookshop, mentre su un grande schermo led a parete scorrono immagini di artisti digitali, permettendo ai visitatori di fermarsi e ammirare le opere. Per l’inaugurazione e fino al 30 marzo è proposta una parte del Capitolo Architettura dell’opera Renaissance Dreams di Refik Anadol, uno degli artisti digitali più famosi al mondo. Un dataset immenso costituito da immagini e testi prodotti tra il 1300 e il 1600 in Italia, elaborato e rivisitato da algoritmi che mutano forme, colori e creano suoni originali, dando vita a un prodotto immersivo di grande suggestione, visitabile in tutta la sua interezza presso l’Immersive Room di MEET Digital Cultural Center di Milano.
In un’atmosfera domestica che ha lo scopo di riprodurre gli spazi di un appartamento settecentesco si aprono le stanze del primo piano create per accogliere, nel lato che si affaccia su Via Brera, le collezioni Jesi e, sul lato che si affaccia sul giardino, le collezioni Vitali. Oltre 200 capolavori disposti nelle sale affrescate, disposti secondo un ordine di carattere tematico e autoriale, in cui si inseriscono una serie di teche atte ad accogliere e valorizzare alcune opere delle due collezioni. Per rievocare l’immagine dei salotti dei palazzi storici lo Studio Cucinella ha allestito tra le due collezioni anche uno spazio lettura in cui i visitatori possono fermarsi e consultare i libri esposti e una sala in cui è stata ricavata una libreria per l’esposizione di pergamene e libri antichi .
Non solo una coinvolgente esposizione di capolavori ma un omaggio ai collezionisti che hanno voluto che le loro raccolte divenissero un patrimonio pubblico a disposizione di tutti. La collezione Jesi, che costituisce con le sue 79 opere il nucleo principale del percorso espositivo del museo , si apre con un ritratto realizzato in bronzo da Marino Marini, di Emilio Jesi, che nelle stanze del primo piano del medesimo palazzo milanese era solito accogliere i suoi ospiti tra le collezioni di maestri quali Umberto Boccioni, Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Amedeo Modigliani, Mario Sironi, Filippo de Pissis e Marino Marini. Al centro della raccolta, distribuita in cinque sale e lungo un corridoio, sicuramente emergono i capolavori di De Pisis (15 dipinti), di cui il collezionista era grande appassionato e 13 Morandi, fra cui i più noti esemplari del periodo metafisico oltre alcuni paesaggi di esordio. L’altro versante del piano nobile, che ospita la collezione Vitali è invece diversificato per tipologie e epoche, con oggetti antichi e moderni che pur distanti nel tempo sono collegati tra di loro da un linguaggio comune che unisce materiali archeologici micenei ed egizi a dipinti ottocenteschi macchiaioli, fino a capolavori di Modigliani e Morandi, di cui il collezionista è ritenuto uno dei più importante studiosi. Segue poi la “Sala pompeiana” dove sono esposti dipinti ottocenteschi della collezione di Adriano Cecioni, Silvestro Lega, Fattori, Theo van Rysselberge, Raffaello Senesi e Mauro Conconi, mentre nell’elegante “Sala degli specchi” è accolta la raccolta archeologica di Vitali (sistemata al centro della stanza su un lungo tavolo-vetrina), costituita da statuette greche, vasi egizi, antiche oreficerie e tanto altro materiale disposto in teche di diverse altezze a modi skyline. Seguono sempre sul versante rivolto al giardino una sala dove un’intera parete è tappezzata da 152 autoritratti degli artisti del Novecento, a cui Cesare Zavattini aveva chiesto di dipingere la propria interpretazione di se stessi in dimensione minima e spesso a mano libera, mentre un’altra parete ospita le 23 Fantasie di Mario Mafai (esposte secondo la numerazione data dall’artista stesso), visionaria serie di figurazioni di violenta e grottesca denuncia degli orrori della guerra donata a Brera da Aldo Bassetti, già presidente degli Amici di Brera. Chiude il percorso una sala, adiacente alla sala d’onore, dedicata a Leonce Rosemberg, mercante d’arte parigino, che tra il 1928 e il 1929 aveva commissionato a un gruppo di artisti, fra cui Alberto Savino, Gino Severini, Giorgio de Chirico le decorazioni per il suo appartamento in Rue de Longchamp, capolavori a cui sono affiancati opere dei medesimi artisti, frutto di recenti acquisti di Stato.
Il secondo piano del Palazzo, così come il suo ipogeo, sono invece destinati a mostre temporanee. Per l’inaugurazione e fino al 9 marzo al secondo piano è stata allestita la mostra “La Grande Brera. Una comunità di Arti e scienze” a cura di Luca Molinari, divisa in tre sezioni grazie all’allestimento di Francesco Librizzi: una parte introduttiva sulla Grande Brera, una seconda sezione sulla storia architettonica del palazzo di Brera e di Palazzo Citterio, arricchita da plastici di nuova e antica generazione e una terza area che narra queste storie insieme, attraverso una selezione di oggetti, documenti, dipinti, gessi, e materiali provenienti da tanti archivi presenti nelle istituzioni che popolano il Palazzo, in parte recuperati appositamente per mostrare al pubblico la potenza e la bellezza di un patrimonio condiviso da otto istituzioni, in cui arte, cultura, scienza non solo vengono conservati, ma vengono sperimentati quotidianamente nei suoi laboratori.
Presso l’ipogeo Stirling, in occasione dell’inaugurazione e fino al 23 marzo, trova spazio invece la fantastica esposizione “Mario Ceroli. La forza di sognare ancora” a cura di Cesare Biasini Selvaggi, costituita da 10 monumentali lavori inediti site specific eseguiti appositamente dall’artista durante quest’ultimo anno per lo spazio progettato da James Stirling (architetto britannico di fama internazionale) negli anni Cinquanta, confermando il legno come materia archetipo d’elezione e la scultura come sua complice primaria.
Si apre dunque con l’inaugura zione di Palazzo Citterio una nuova epoca, non solo per la comunità milanese, che ha a disposizione un nuovo spazio di aggregazione, ma per l’intero mondo culturale italiano, che aggiungendo un piccolo importante tassello alla storia di Milano, offre una nuova occasione di richiamo del turismo internazionale, che come ha dichiarato Angelo Crespi, dovrà ora dedicare almeno due intere giornate del proprio viaggio nel capoluogo lombardo solo per visitare la “Grande Brera”. Un’occasione che nessuno dovrebbe perdere.