"Arriva prima di ogni cosa, prima anche del pensiero, e mentre te ne accorgi e ti chiedi davvero se c’è, lei se n’è già andata.» Parole che racchiudono il senso de La ballata delle anime inutili, corale garganico di Tommaso Avati, meritorio figlio d’arte di Pupi. Un romanzo che sviscera l’essenza più sanguigna di un territorio intriso di umori non soltanto caratteriali ma anche fisiologici, come accade nella più autentica civiltà contadina, dalle parvenze ancestrali.
C’è una famiglia, i Logreco, sotto il tallone di ferro del patriarca Vittorio. Asserragliata nella masseria-fortezza prospiciente Sannicandro Garganico, al suo interno si consuma l’epopea rurale che Avati snoda attraverso un continuo cambio di voci narrative. A dominarle è quella di Vermitura, che in realtà si chiama Sofia, unica donna fra una stirpe di fratelli maschi: Angelino, Francesco, Nicola e Matteo, emigrato negli Stati Uniti, da dove non se ne hanno più notizie. Lei raccoglie impressioni, pensieri, flussi di coscienza e li porge ai lettori con uno stile che passa dal lirismo alla materialità quotidiana.
Avati fa raccontare la saga dei Logreco ai suoi stessi protagonisti, per inseguire la caducità collettiva di esistenze prive di vie di fuga dal destino, condannate, appunto, a non poter afferrare mai la felicità. Primo fra tutti Angelino, sul cui matrimonio con Caterina Russo si apre il libro.
Un’unione basata sulla dote che amplierà il patrimonio agreste dei Logreco. Peccato che non sarà benedetta dall’arrivo di figli. I quali per Vittorio sono la prima necessità della vita. Figli per coltivare la terra, per portare avanti l’impresa agricola e per continuare la dinastia.
Malgrado le notti intere trascorse dai coniugi nella stanza del Santo, autentico laboratorio di riproduzione, Caterina non resta incinta e finisce per accidersi, suicidarsi. Matteo torna inatteso dall’America, e non è benvenuto. Non ha né arte né parte. La moglie, Marta, è gravida, non di lui bensì di Angelino. Nascerà Tommaso, l’ultima voce narrante.
Intanto scoppia la seconda guerra mondiale. Angelino muore assiderato, Matteo è impelagato nella guerra di Grecia, Vittorio non viene accettato volontario perché ha perso quattro dita di un piede grazie a un colpo di fucile partito per sbaglio. Durante la ritirata dei tedeschi, la masseria viene abbandonata dalle donne superstiti. Lungo tutta la vicenda corre un filo rosso.
Nei dintorni dei Logreco si delinea la comunità ebraica di Sannicandro, documentata nelle cronache, che anela all’insediamento fra i coloni avviati verso la Terra Santa. Vi spiccano due personaggi, Donato Manduzio, realmente esistito, e Pasquale Malota, ambedue israeliti. A loro si somma il generale inglese Wellesley Aron, anche lui ebreo, che avrà un ruolo dirimente nel finale.
Tommaso Avati, La ballata delle anime inutili, Neri Pozza 2023 , pp. 144, Euro 17