Come tutti gli studenti di Filosofia, per completare il mio percorso di studi, dovetti inserire nel piano di studi le tre annualità di Storia, utili per avere la classe di concorso per insegnare. Ero fiera di poter seguire il corso di Storia contemporanea con il Prof. Vidotto, nome noto, anche a me che ero di un’altra facoltà (la mia professoressa del liceo usava proprio il suo celebre manuale per qualsiasi consultazione).
La prima volta a lezione, seduta nelle prime file, ero rimasta colpita dalla sua aria ieratica: un uomo distinto e pacato, parlava in modo chiaro con il giusto tono di voce, né forte né piano, senza un accento marcato, ma si capiva che veniva dal nord. Maneggiava la materia storica con una naturalezza e una semplicità tali da non farla sembrare una lezione magistrale, ma che invece lo era a tutti gli effetti. Il monografico scelto (di cui ancora oggi, a distanza di molti anni, ho un vivido ricordo) era sul nazismo: si parlava delle stragi naziste compiute in Italia tra il ’43 e il ’44 e dell’identità dei soldati carnefici definiti da uno dei testi adottati "uomini comuni". Durante il corso, capitava che ci intrattenesse con racconti di qualche fatto personale: tipi strani incontrati sulla linea del bus 60, che collegava il centro a casa sua; ricordi di infanzia a studiare il tedesco…era l’anno dopo lo scudetto della Roma, l’anno in cui ci fu la storica manifestazione della Cgil al Circo Massimo: molto si era dibattuto sui numeri, su quanti mila fossero i presenti: di più i tifosi giallorossi dell’estate del 2001 o di più i sindacalisti del marzo 2002? Vidotto, che da bravo storico non amava né le approssimazioni né le esagerazioni, con il fedele amico e collega Sabatucci andò personalmente a misurare il Circo Massimo, per dimostrare che no, 3 milioni di persone non potevano fisicamente entrare lì dentro! L’aneddoto mi aveva fatto sorridere: l’immagine di due uomini alle prese con una misurazione così mastodontica (cosa era stato usato per compiere l’impresa non era stato specificato…) mi aveva fatto pensare non solo alla grande complicità che c’era tra i due storici, ma anche alla volontà di far trionfare la verità anche in una questione così, diciamo, dal sapore popolare.
Pur avendo seguito un solo semestre con lui, il suo corso è stato uno di quelli che mi ha appassionato di più durante il mio percorso universitario; nonostante non fossi poi così patita di storia, lui aveva la capacità di trasmettere quel desiderio di ricerca e di chiarezza che lo storico di professione è capace di strutturare e di portare a termine, delineando fatti e personaggi nell’ordine del quadro cronologico, indagando criticamente cause e conseguenze degli eventi storici nel loro ineluttabile procedere. Un professore appassionato che ha fatto appassionare tanti suoi allievi. Un vero onore per me avere potuto assistere alle sue lezioni, un ricordo indelebile di uno studioso straordinario e dall’indiscussa autorevolezza, davvero unico nel panorama culturale italiano.