Grazie a Cesare Pavese in tanti hanno imparato a usare la lingua italiana. Una figura apicale della nostra cultura. Uno scrittore, un poeta e un critico letterario che ha agito in anni difficili e movimentati del Novecento, che qualcuno oggi tenta di salvare dalla furia del tempo. Ma chi era davvero quell’uomo angosciato dalla quotidianità, affetto dal male di vivere, vissuto nell’epoca del fascismo e della Seconda guerra mondiale che decise di porre fine alla sua esistenza un giorno di fine agosto del 1950 con un’overdose di barbiturici nella camera di un albergo, il “Roma” di piazza Carlo Felice a Torino? La lettura dell’ultimo libro di Angela Guidotti, già ordinaria di Letteratura italiana contemporanea nell’Università di Pisa, consente di andare oltre la semplice biografia, di approfondire l’opera pavesiana, di formulare questa domanda e di proporre una risposta. La Guidotti ne rilancia la figura e l’opera attraverso il racconto dell’intera storia dello scrittore esaminando i suoi problemi e i momenti decisivi, il suo drammatico oscillare tra amore e morte