"Tutto è già nella bottiglietta, nella scatola, nella faccia, nell’immagine; non c’è niente sotto, dietro, dentro!”.
Queste parole appartengono e sono il cuore del pensiero estetico di Andy Warhol e della Pop Art. L’impiego in un grande magazzino offre a colui che sarebbe diventato il protagonista del nuovo ‘verbo’ dell’arte del Novecento, l’occasione di incontrare nelle riviste di moda come ”Vogue” e ”Harper’s Bazar” il mondo del consumismo e della pubblicità e la vana vita dell’immagine a cui erano destinati oggetti che gli rivelano la mediocrità di una società che cambiava anima e pelle. Da Pittsburgh dove studia arte grafica si trasferisce a New York per realizzare il suo sogno americano e muove i primi passi nell’Avanguardia.
Propone nuove ‘parole’ per dire l’inconsistenza della superficie su cui si appoggiava la realtà contemporanea: quadri verranno appesi alle pareti delle case come cartelloni pubblicitari perché tutto attende di essere ‘visto’ per essere comprato. L’opera di Andy Warhol è attraversata e contiene domande esistenziali e risposte filosofiche sull’uomo e la vita: la Pop Art non è il manifesto della superficialità ma ridefinisce il valore profetico dell’arte. Sono soprattutto le riflessioni critiche di Arthur Danto a illuminare la figura, il ruolo di Andy Warhol al quale viene attribuita la potente intuizione del cambiamento della cultura, della società e della comunicazione. Carpire alla realtà il segreto suo significato e porgerci oggetti e icone metafore di quel Senso è la missione della Pop Art.
La serigrafia favorisce Warhol nell’imporre stereotipi e con la moltiplicazione di ritratti nuovi miti come quello fragile di Marylin, non una donna ma un ‘prodotto’ dell’industria hollywoodiana, nei cui occhi avremmo visto e giudicato noi stessi e il nostro tempo. Da sabato 21 ottobre e fino al prossimo 17 marzo 2024 al Museo Storico della Fanteria a Roma, a cura di Achille Bonito Oliva, è in mostra un percorso espositivo con al centro l’universo artistico di Andy Warhol ‘genio’ della Pop Art, attraverso un’assai ampia raccolta di serigrafie e ceramiche, di leggendarie copertine di vinili e riviste, le celebri Polaroid, manifesti pubblicitari e documenti preziosi con cui si costruisce anche una delle più affascinanti biografie del XX secolo.
Trent’anni decisivi, quelli tra il 1950 e il 1980 in cui un movimento e i suoi protagonisti incidono sulla percezione della Storia dell’Arte, rompendo i legami con la tradizione figurativa per gridare al mondo che la Storia si ferma sulla soglia dell’apparenza.
Ma se non ci fosse nulla, come aveva sostenuto già Hegel, di più profondo di ciò che appare in superficie?