Sabato 5 ottobre 2024, ore 7:42

Premio Strega

"L'età fragile" di Donatella Di Pietrantonio

di ENZO VERRENGIA

Lo Strega a “L’età fragile”, è la consacrazione definitiva di Donatella Di Pietrantonio, malgrado non ne avesse certo necessità dopo l’exploit de “L’Arminuta”. E come quest’ultimo, si tratta di un romanzo più caratterizzato dalla cornice tematica e dalla ribadita “abruzzesità” che dalla marcatura della trama, cioè del racconto. Del resto anche qui c’è una donna che ritorna, stavolta da Milano, non da una famiglia adottiva. Ed è portatrice di un fardello interiore che potrebbe anche essere paragonato al “Segreto di Luca”. Sennonché, mentre Ignazio Silone rinunciava preventivamente al dialetto per una prosa “alta” che pure ve lo include sotto traccia, qui la “territorialità” viene utilizzata come sfondo meramente occasionale di una vicenda la cui funzione visibile è quella del dramma primario. Meglio così, forse, dato che in “L’Arminuta” avveniva una semplificazione dei morfemi dialettali in scansioni ritmiche di anacoluti non adeguati alle rappresentazioni scritte dell’idioma locale.

Comunque, da decenni nella narrativa italiana l’editoria soverchia la letteratura. Dopo la forte riduzione dei contributi statali, che consentivano di pubblicare anche a perdere, le case editrici vanno a caccia di “casi”. “Épater le bourgeois”, far colpo sul lettore medio, e quando possibile proporglieffetti speciali, gossip ed estremi comportamentali. Sempre più difficoltoso quando ormai la trasgressione è la normalità. Il tutto poi peggiorato dal mito negativo di un calo dei lettori. Ma in Italia si leggeva poco anche prima, solo che, è bene ripeterlo, allora pagava (anche) lo stato. Adesso invece si cerca invece la pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno: il best-seller. Più unico che raro in un Paese non certo sovrappopolato, di per sé. Anche questo ha contribuito all’arretramento della scrittura italiana. Imperversano quanti si attestano su rendite di posizione. Pure, sono innocenti. Non vale la pena di addossare ai singoli responsabilità di tendenza, di corrente, di epoca. Nessuno ha mai tentato un processo culturale al Gruppo ’63. Coloro che dichiararono a Palermo la morte del romanzo rimasero inquisitori autonominati e temuti. Al sicuro da ogni azione di contrasto. Gli splendidi volumi cellofanati della collana “La scala”, targati Rizzoli, divenivano baluardi assediati del narrare autentico, privo di gergalità provvisorie. Michele Prisco, Renato Ghiotto, Raffaello Brignetti, Giovanni Arpino, Franco Cordero allineavano sugli scaffali monumenti in prosa.

( 5 luglio 2024 )

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