Sabato 21 dicembre 2024, ore 13:29

Mostre

L’astronauta da camera

di ELIANA SORMANI

Il viaggio è il tema centrale della mostra “Luigi Ghirri, Viaggi. Fotografie 1970-1991”, allestita a Lugano presso il MASI (Museo d’arte della Svizzera italiana) dal 08 settembre al 26 gennaio 2025, a poco più di trent’anni dall’improvvisa scomparsa del fotografo emiliano avvenuta nel 1992.

Oltre 140 immagini, per lo più stampe vintage, a colori, divise in 5 sezioni senza soluzione di continuità (Paesaggi di cartone; Montagne laghi, sole e mare; Viaggi in casa; Un atlante tridimensionale; Viaggi in Italia), a testimoniare l’importanza che per Ghirri, definito da un amico addirittura “l’astronauta da camera”, ha avuto il viaggio, fuori e dentro di sé, a partire dal suo vissuto, dalla sua immaginazione formatasi sugli atlanti, sui libri di geografia, fino ad arrivare al vissuto degli altri, come lui dichiara “vorrei riuscire a creare un equilibrio fra mondo interno e mondo esterno, tra la mia memoria personale e la memoria collettiva” Egli decide di dedicare la sua vita alla fotografia a 27 anni, dopo aver svolto per un certo periodo la professione di geometra, in seguito alla vista delle immagini dello sbarco sulla luna, quasi a voler con le sue fotografie testimoniare la possibilità dell’uomo di raggiungere con i viaggi l’universo mosso dalla curiosità e dal desiderio di scoprire cose nuove. Egli scrive che il suo lavoro è “una grande avventura del mondo del pensiero e dello sguardo, … un continuo viaggio nel grande e nel piccolo, nelle variazioni, attraverso il regno delle illusioni e delle apparenze, luogo labirintico e speculare della moltitudine e della simulazione”. Un’avven tura che si consolida in un periodo in cui il viaggio inizia ad essere alla portata di tutti e con il viaggio anche il mondo della fotografia e dell’immagine, che egli inizia a scattare. “Per me esistono due tipi di fotografie , quelle solite come quelle che fanno tutti, che poi mi interessano poco, e le altre, quelle a cui realmente tengo, le sole che considero “mie” davvero” come dichiara lui stesso. Ed è proprio attraverso le fotografie che egli “sente sue” che la mostra di Lugano ci presenta il suo e il nostro mondo di ieri, proposto nei paesaggi italiani e europei immortalati nei suoi scatti tra il 1970 e il 1991, sempre attento ai particolari, colti con uno sguardo non solo poetico ma anche tecnico, da geometra, con un’attenzione agli sfondi, ai giochi di luci, alle inquadrature. Scatti in cui l’uomo fa la sua comparsa come un’ombra gentile, presente ma mai invadente, in armonia con il mondo che lo circonda e mai protagonista assoluto. Un uomo su cui lo sguardo di Ghirri si posa delicatamente, senza violarne la privacy, quasi sempre preso di spalle, nel rispetto della sua identità, trasformato in un simbolo in generale dell’umanità. La carrellata di immagini presenti in mostra, provenienti principalmente dagli Eredi Ghirri e dalla collezione della CSAC di Parma, riportano il visitatore a quelli che erano il turismo e la vita italiana degli anni Settanta e Ottanta del Novecento. In una prima sezione lo sguardo si posa sui “Pae saggi di cartone”. Agli inizi degli anni ‘70 Ghirri viaggia molto il fine settimana sia del territorio della sua città natale, Modena, come tra le altre città dell’Italia settentrionale e in Svizzera, affascinato in particolare dalle immagini presenti nell’am biente quotidiano: manifesti, cartelloni pubblicitari, foto e cartoline, immortalandole nei suoi scatti. Nel 1973 riunisce molte di queste fotografie in una serie dal titolo “Paesaggi di cartone” (poi annessa ad un progetto più ampio dal titolo Kodacrome) con lo scopo di rappresentare l’imma gine stampata incorporata nel paesaggio urbano per stimolare un’analisi “tra quello che siamo e l’immagine di quello che dobbiamo essere”, ottenendo così una profonda riflessione sul reale e sull’irreale della vita quotidiana. Egli immortala in questi primi anni di attività spesso i luoghi di vacanza, mari, laghi, monti, dall’Emilia Romagna alle Dolomiti, come le città d’arte, da Venezia a Napoli, da Versailles ad Amsterdam, paesi più o meno vicini a lui, mostrando come spesso la fotografia tenda a far vedere in modo diverso i luoghi che si visitano, focalizzandosi solo su alcuni aspetti del paesaggio ed escludendone altri. Al centro della mostra, curata da James Lingwood, una sezione è dedicata alla serie di opere dal titolo “Atlante e Identikid”, costituite da scatti fatti tra il 1973 e 1976 in casa, a mappe, atlanti e libri della sua raccolta, a indicare come spesso il viaggio inizi dalla nostra mente, parta dentro di noi, da un nostro modo di vivere, dalla nostra curiosità, dal programmare e studiare un viaggio prima ancora di farlo. Le sue foto sono sempre a colori, perché, come lui dichiara, rappresentano la realtà che è a colori e pur dichiarandosi un fotografo amatoriale della domenica e non un professionista, usa il colore con una vasta gamma di sfumature e con toni molto più delicati rispetto a quelli usati nelle immagini pubblicitarie a cui fa riferimento, comunicando al pubblico un senso di malinconia e solitudine, che si carica oggi di un filtro di delicato ricordo del vissuto. Il fascino per la capacità di duplicare e modificare la realtà sottinteso alla fotografia spinge Ghirri tra il 1977 e il 1978 e poi di nuovo nel 1985 a trascorrere con la sua macchina fotografica molto tempo a Rimini nel parco a tema “Italia in Miniatura” e a fotografare in scala i diversi luoghi geografici della nostra penisola, dando origine ad un progetto dal titolo “In Scala”: un vero e proprio shock percettivo in cui l’uomo diviene caricatura di se stesso nel mentre cerca di immortalare momenti che sono tutto meno che reali: “olografie di olografie” in cui il parco come “un atlante tridimensionale”, come la fotografia, ha la capacità di comprimere il tempo e lo spazio. A partire dagli anni Ottanta Ghirri percorre molte regioni italiani e scatta foto a musei, siti archeologici, monumenti per conto dell’Ente del Turismo, del Touring Club Italiano, fino a raggiungere la Francia, dove il Ministero della Cultura francese gli commissiona alcune foto di Varsailles, come si può vedere da diversi scatti presenti in mostra. A partire sempre dai medesimi anni diverse sono le mostre che allestisce e gli eventi a cui partecipa sempre con il desiderio di mostrare le sue fotografie dallo stile misurato, senza alterazioni o effetti speciali, nonostante sia passato all’uso di una fotocamera di medio formato, che gli permette di avere una maggiore profondità e colori più intensi. Nelle ultime opere della fine degli anni Ottanta la sua fotografia si fa ancora più imprecisa, mentre acquista maggior importanza la percezioni dei luoghi più che le loro coordinate geografiche. Il Viaggio diventa qualcosa di metafisico e le immagini che ne conseguono, pur raffigurando la realtà, perdono quello che è il riferimento personale e diventano universali, di tutti, evidenziando una capacità narrativa atemporale e collettiva in cui ognuno di noi può ritrovarsi ripercorrendo con la propria memoria spazi e luoghi vissuti nella propria esperienza di viaggio.

Luigi Ghirri. Viaggi. Fotografie 1970-1991, Lugano-MASI, 08.09.2024/26.01.2025.

( 30 settembre 2024 )

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