Martedì 17 dicembre 2024, ore 8:36

Libri

L’ambivalenza del progresso

di MARIA LUCIA SARACENI

Un comando per tutto. Dall'illuminazione domestica al chip che permette al cervello di guidare automobili da remoto. La tecnologia fantascientifica sulle ali del teletrasporto, che faceva sognare i bambini degli anni '70 e '80 rapiti dalle immagini di “Star Trek” e “Spazio 1999”, oggi è in parte, in gran parte, la realtà dell'intelligenza artificiale: realizzazione di quel sogno ma anche immagine di un incubo, la distopica prospettiva di un rapporto tra uomo e macchina superiore nel tempo e nello spazio a quello tra uomo e uomo.

È questo il filo conduttore che lega il racconto di “Disegniamo il futuro”, un libro ideato dalla giornalista e autrice radiofonica Laura De Luca, curatrice della collana “Ventuno venturo” per le Edizioni Armando. Venti contemporanei, esponenti autorevoli di varie discipline, sollecitati da domande di diversi intervistatori, immaginano i prossimi decenni di questo secolo.

C'è una domanda che, quasi come un gioco, viene posta negli stessi termini a ciascuno degli interlocutori: lei verrà ibernato domani per risvegliarsi la sera del 31 dicembre 2099, cosa spera o teme di vedere? Tra Covid e guerre, cambiamenti climatici e crisi energetica, la fotografia è quella di un presente già apocalittico che ci fa temere un futuro ancora peggiore nel quale l'umanità pagherà il prezzo carissimo di un progresso incontrollato. Eppure dentro i complessi meccanismi di internet e della globalizzazione, simboli di questo scenario, sono contenuti tutti gli elementi dell'ambivalenza del progresso, dunque anche ciò di cui potremo continuare a beneficiare.

Il mondo del 2100 “sarà come uno specchio girevole”, dice ad esempio il poeta e critico letterario Renato Minore. “Se si gira da un lato, ecco una umanità regredita quasi allo stato primordiale con nuove, feroci forme di convivenza e di sopravvivenza. Se si gira dall'altro, ecco un'umanità tutta robotizzata in cui davvero si farà fatica a distinguere quello che è umano e quello che è proprio delle macchine e le tante forme di integrazione e di mutazione che questa metamorfosi comporterà”.

Oggi questa metamorfosi prende il nome di Metaverso, il mondo virtuale che, afferma l'economista Marco Ginanneschi, “carat terizzerà sempre più il mondo professionale e non solo, e dal quale sarà impossibile tornare indietro”.

Una minaccia ? No, perché, Ginanneschi ne è certo, “potranno cambiare le abitudini, le modalità di scambio delle informazioni, i mezzi di trasporto, i luoghi di lavoro; ma non si rinuncerà mai alla socialità, alla condivisione emotiva di sensazioni che rimarranno orgogliosamente una insostituibile prerogativa umana” .

E certamente il metaverso sembra far parte di quei cambiamenti inesorabili della nostra epoca, accelerati da eventi drammatici come la pandemia, che hanno ad esempio ormai definitivamente introdotto nelle nostre vite lo smart working. E a proposito di lavoro, la sondaggista Alessandra Ghisleri cita una ricerca americana del 2017, secondo la quale il 65% dei bambini che iniziano oggi il loro percorso di studi, quando saranno adulti troveranno

un lavoro che oggi ancora non esiste e che non si conosce. Ghisleri traduce questo dato sollecitando i ragazzi di oggi ad approfondire le materie Stem, cioè le discipline scientifico-tecnologiche, come base della formazione.

Ma altri cambiamenti rischiano invece di essere già derubricati a moda del momento. È il caso di un fenomeno che da qualunque angolo si osservi fa una certa impressione: il passaggio dall'arte fisica a quella digitale, oggetto di riflessioni in partenza diverse come quella dello stesso economista Ginanneschi e quella dello Street artist Maupal (al secolo Mauro Pallotta, per intenderci il creatore dell'ormai celebre immagine di Papa Francedi sco come Supereroe).

Entrambi ci parlano dell'arte doppiata in NFT, i “non-fungi ble-token”, il gettone non riproducibile, la nuova frontiera della proprietà intellettuale on line. I NFT sono sistemi che permettono di certificare la rarità digitale di un bene, come ad esempio un'opera d'arte. Chi compra un NFT che corrisponde ad un’o pera artistica digitale, possiede – in realtà – soltanto il certificato. Un documento emesso dal creatore dell’o pera, sul quale c’è “scritto” che essa è stata ceduta. Ciò non significa che l’opera in questione diventi privata, al contrario può tranquillamente restare on line accessibile a tutti. Almeno nelle intenzioni, la garanzia di autenticità con in più l'argine alla contraffazione e alla distruzione. Le immagini NFT (che possono raggiungere un valore paragonabile ad un dipinto di Caravaggio) si stanno facendo largo sul mercato, viene detto dagli intervistati. Ma proprio sul mercato in realtà il fenomeno sembra essersi già in parte sgonfiato.

L'importante, come sostiene l'architetto Santiago Calatrava, è che si apra presto “una finestra sulla bellezza”. Magari, come nella visione dello storico Franco Cardini, alla fine del secolo potremmo trovarci “in un ambiente di piccoli centri a misura d'uomo, abitati da gente che vive secondo un umano sistema comunitario”.

E se andare su Marte è il naturale sogno dell'astronauta Umberto Guidoni noi che non saremo mai in grado di andarci possiamo però fare tesoro della sua descrizione della fase evolutiva del progetto: la stazione spaziale “è un ambiente chiuso, pressurizzato, con pochissime finestre per guardare fuori”. Un rischio che corriamo ogni giorno nel nostro ambiente terreno. E come suggerisce un recente post su Facebook, la beffa più grande del genere umano è che i computer hanno iniziato a chiedere agli umani la prova che non sono dei robot.

Laura De Luca (a cura di), Disegniamo il futuro , Armando Editore, 2022, pp 208, euro 15

( 26 ottobre 2022 )

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