Un libro in cui il protagonista si interroga sull’amore è un libro che dobbiamo inscrivere dentro il recinto in cui vive la Letteratura che ha cercato per noi e a noi ha lasciato parole per dirlo ‘l’Amore’. Dai Greci abbiamo imparato che la consistenza ontologica e morale dell’uomo dipende dal grado e dal peso del suo amore. Platone ci ha detto che amiamo per ritornare a un destino che abbiamo perduto ma che continua ad appartenerci se è la Bellezza ciò a cui volgiamo le vite. Il Cristianesimo che poi ha fatto incursione nella Storia ha chiesto agli uomini e ai poeti un amore più faticoso, quello su cui verremo giudicati per meritarci la felicità che in questa vita ci manca. Siamo stati derubati delle favole del Mito e del cuore leggero degli Antichi che si innamoravano per volare lontano dalla verità e da se stessi e siamo stati inchiodati al dovere di un sentimento che ci costringe da 2000 anni a fare esperienza del nostro bisogno di essere salvati. Dante e Pasolini hanno vissuto la stessa pena, quella di chi ama per salvarsi o ama perché è salvo. Tutta la poesia è poesia d’amore: Claudio Prizio nel nuovo romanzo di Yari Selvetella è un uomo a cui occorrono tutte le vite che ha vissuto per capire e accettare i moniti che gli impone la realtà. È uno scrittore che procede nel dubbio e nella contraddizione, che vive la sua relazione più significativa con l’Amore, questo assoluto di cui tutto sa, a cui ha consegnato e confessato ogni cosa di sé. Si può vivere amando solo per paura di mettere in pericolo l’imperfetta architettura di quanto abbiamo costruito, nascondendo a noi stessi che abbiamo solo ereditato vite vissute da altri in cui l’amore era uno scudo, capace di proteggerci da ciò che più di ogni altra cosa ha ancora il potere di spaventarci: una esistenza di non amore?
Claudio è un uomo in cui batte forte il cuore di tutto quello che non ha lasciato andare via e a cui il tempo ha insegnato l’uso che dovremmo consentire all’amore di fare di noi. Vite mie è un romanzo in cui all’autore mentre scrive ‘gli vediamo tra le mani’ quel filo rosso che lo lega a chi è nella Letteratura per averci raccontato, disarmato, il potere di quel sentimento che ci contiene e che vogliamo contenere in noi. “Scrivendo vogliamo che qualcuno ci legga così attentamente da scovarci”: se un libro è il nascondiglio in cui uno scrittore aspetta di essere trovato, dobbiamo usare ciò che vi è scritto e leggiamo come indizio per arrivare a quel punto cieco in cui si coagula la più profonda sostanza dell’essere suo e forse nostro. Nell’amore di cui Selvetella disserta, aprendoci il cuore colto e struggente di Claudio, vibra l’eco della voce di tutti gli amanti e amati di ogni tempo, così impauriti e così attaccati alla vita e ci commuove con il suo stile che cattura, illuminandole, le parole che servono a un’anima che sa di vivere oggi tutte le vite di sempre.