L’arte del disegno invade le stanze del primo piano di Palazzo Reale a Milano con una grande monografica, aperta gratuitamente al pubblico fino al 24 settembre, dedicata a Omar Galliani, considerato a livello internazionale uno dei più importanti artisti contemporanei, che ha fatto del disegno, finalizzato a se stesso, una delle ragioni della sua professione. Un “disegno infinitissimo”, reinventato e rinnovato dall’artista ispirandosi ai modelli rinascimentali, e non solo, che diviene opera unica, assoluta, immensa, destinata a rimanere nell’e ternità, come lui stesso confida. Nel 1999 in un rosario di aforismi che riassumeva la sua opera, egli dichiarava “Io penso a un disegno totale, penso a un disegno del mondo, penso a un disegno formidabile, penso a un disegno eroico, penso a un disegno mai riuscito». Un disegno che nasce da una visione interiore della realtà e che diviene reale attraverso una poetica del gesto manuale, del tratteggio ben definito, che si costruisce con un duro e continuo lavoro quotidiano e si trasforma in opere che lasciano senza respiro per la loro forza evocativa e simbolica.
La mostra, dal titolo “Omar Galliani. Diacronica. Il tempo sospeso”, curata da Flavio Cairoli e Vera Agosta, promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Omar Galliani, presenta un centinaio di opere dell’artista, di cui molte di dimensioni monumentali, alcune recentissime e altre storiche, in parte su carta, in parte su pioppo, in parte su tela, e persino alcune in bronzo. Di una bellezza sconvolgente esse sono distribuite tematicamente in 10 sezioni in cui si ripercorrono le principali tappe del percorso artistico ed umano del maestro, a partire dagli anni ‘70 fino ai nostri giorni. Il disegno trova all’interno di questo allestimento finalmente la sua celebrazione dopo essere stato a lungo visto come un genere inferiore rispetto alle opere pittoriche, vuoi per la sua apparente minor potenza espressiva rispetto ad un’o pera a colori, vuoi perché quasi esclusivamente considerato come un mezzo preparatorio rispetto ad un’altra opera d’arte e non finalizzato a se stesso, a dispetto di quanto dimostra la storia dell’arte. Si aggiunge poi il fatto che il disegno è convenzionalmente ritenuto una forma espressiva semplice e banale, in quanto legata al vissuto quotidiano di ognuno di noi, come primo approccio nell’età infantile all’arte figurativa, mentre in realtà e una delle forme artistiche più perfetta e pura. Già Cennino Cennini nel XV secolo nel suo trattato sulla pittura affermava che “il fondamento dell’arte è il disegno”. Michelangelo vedeva nel disegno la massima espressione di libertà perché non si doveva confrontare con la materia ma era direttamente in rapporto con l’i dea, mentre Leonardo da Vinci lo considerava uno strumento per conoscere la realtà. Secondo la filosofia neoplatonica il disegno è lo strumento più vicino all’idea dunque l’espressione artistica più perfetta. E Omar Galliani, pur facendo uso anche di altre forme espressive, dai dipinti alla scultura, esemplificati anche all’in terno della mostra, fonda la sua poetica sul disegno, dando origine ad un arte concettuale raffinata, colta e profondamente simbolica in cui divino e terreno, spirituale e materiale si incontrano in perfetta armonia. La stessa opera simbolo della mostra “De rerum natura” (titolo ripreso dal poeta filosofo latino Lucrezio) indica quest’unione di cielo e terra attraverso la raffigurazione di una figura femminile circondata da una serie di colibrì, simbolo di fisicità e spiritualità. Omar Galliani appare sulla scena artistica italiana tra gli anni Settanta e Ottanta nel Novecento, in un momento di passaggio dalle grandi ideologie teoriche ad un’arte di fatto, quando in ogni ambito culturale avviene un incontro corpo a corpo con la materia.
La sua pittura è capace di guardare al passato in piena linea con il mondo classico, pur rivolgendosi al futuro. Dice Omar Galliani: «Tutto il mio lavoro scorre su una lama sottile che tiene strette nel pugno le trame e le tracce della storia dell’arte. Il coltello affonda dolorosamente nella ferita della storia, consapevole dell’impossi bilità di rimettere in gioco il tempo o di invertirne il corso”.
Tutta la sua poetica si misura con il tema del tempo, un tempo che non ha misura, che si fa “infi nito”, che abbraccia gioie e dolori di tutta un’esistenza per divenire assoluto, tanto che le sue opere appaiono senza tempo, una perfetta unione di passato presente e futuro. In lui tutto nasce da un’idea, che su un foglio di carta come su una tavola di legno, con una punta di grafite (minerale che appartiene alla natura del diamante, essendo un diamante giovane, è ancora più nobile e puro della terra) prende forma e dà vita a qualcosa che lo sguardo dello spettatore è invitato a scoprire nei suoi molteplici significati vitali. Come dice Giovanni Gazzaneo nel catalogo della mostra curato da Corsiero editore “Nel nome dell’assoluto le sue misure diventano smisurate: i volti sono i più grandi mai realizzati. Nel nome dell’assoluto una galassia può essere ridotta ai confini di una tavola, quasi a trattenere l’u niverso che ci sovrasta e quello che è in noi. Omar ha saputo opporsi con genio e coraggio a quell’arte moderna e contemporanea che ha negato l’uomo distruggendone il volto: Picasso l’ha ridotto a maschera, De Chirico a testa di cuoio senza occhi né bocca, Bacon a macchia deforme. E così l’uomo diventa cosa tra le cose o naufrago in un oceano privo di senso. Ma il nostro destino non si risolve nella dannazione di una terra oppressa da un cielo vuoto, ai margini di un infinito impenetrabile. Galliani non si rassegna al nichilismo, sa che c’è un di più e si lascia afferrare da questo mistero che è la vita, un mistero che ci supera e ci attrae”. Galliani nasce nel 1954 a Montecchio d’Emilia, terra a cui rimane profondamente legato tanto da evocarla con le sue nebbioline sottili in diversi suoi paesaggi e da dedicargli ogni anno un dipinto durante la stagione invernale quando la neve copiosa la copre. Frequenta l’Accademia delle Belle Arti a Bologna dove si laurea. Come racconta lui stesso, il primo incontro con l’idea e il desiderio di un “disegno infinito” avviene durante l’infanzia quando la madre lo porta a vedere il dipinto non finito di Leonardo “La scapigliata”. Da quel momento la sua diviene una vita dedicata completamente all’arte del disegno e della pittura. A partire dal 1979, invitato alla prima triennale Internazionale del Disegno di Norimberga, inizia per lui una carriera internazionale costellata da impegni e partecipazioni a biennali e mostre, mentre contemporaneamente continua a dipingere e a dedicarsi all’inse gnamento di pittura all’Accade mia di Belle Arti di Brera. Durante gli anni Ottanta sono fondamentali per lui gli incontri con Flavio Caroli, Italo Tomassoni e Maurizio Calvesi, con il “Magico Primario” e gli “Anacronisti”, che portano le sue opere nelle Biennali tra Venezia, Parigi, San Paolo, Praga e Tokyo. Queste tre figure così importanti significano per Galliani un avvicinamento alla storia dell’arte del passato, che riproduce con una chiave interpretativa personalissima. Interessante è anche il suo rapporto con il mondo orientale, in particolare con la Cina, dove Galliani espone nei principali musei, rimanendo suggestionato dalle atmosfere dei paesaggi d’Oriente come emerge da diverse suoi disegni. Egli ama molto anche citare artisti contemporanei come Gino De Domincis oppure Robert Colombo, a cui è più facile avvicinare la sua pittura, pur originale e personalissima.
Egli trae ispirazione da tutto ciò che lo circonda, da un incontro fatto per la strada, da un volto, da un’opera d’arte, dal mondo del cinema, della musica e persino dal mondo della moda.
La mostra allestita ora a Milano rappresenta per Galliani una sorta di bilancio, il bilancio della sua carriera, della sua produzione artistica, della sua poetica e della sua esistenza. Un bilancio che ha richiesto all’artista una forte partecipazione emotiva, che l’ha portato a guardare al suo passato, e, scavando nella sua memoria, a riportare alla luce cose positive e negative, felici e dolorose. Tutte emozioni ora riproposte al pubblico che è invitato a condividerle attraverso le evocative opere esposte. Il percorso proposto dall’antologica non è di carattere cronologico ma è di tipo emozionale, basato su quelle che sono le associazioni tematiche delle opere. Il titolo dunque, “Diacro nica”, termine ripreso dalla linguistica, è legato allo scorrere del “tempo” che risulta appunto come dice il sottotitolo “sospeso”, dimensione in cui vive l’artista quando crea. Egli vive di resistenza e crede nell’o pera d’arte come oggetto fisico, materiale, in un contesto contemporaneo come il nostro che va sempre più verso la digitalizzazione e la smaterializzazione di tutto. Fin dalle prime sale l’atmo sfera appare carica di pathos e drammaticità, grazie ai giochi di luce teatrali, puntati esclusivamente sulle opere, mentre a dominare lo spazio intorno rimane la penombra. In mostra sono rappresentati tutti i temi e i soggetti dell’artista, dalla vita alla morte, l’amore, la cultura, il sacro, le stelle, le donne, il mondo classico. La prima sala si apre con due opere giovanili della fine degli anni ‘70, tra cui “Dalla bocca e dal collo del foglio”, dove l’arti sta riprende un noto soggetto di Caravaggio in cui lo strappo del foglio riporta al gesto dell’angelo che ferma la mano con il pugnale di Abramo nell’atto di uccidere il figlio Isacco e “Principium individuationis” dove alcune lastre di marmo di Carrara alludono alla materia delle due teste apollinee ritratte, citate da Canova. Le opere fortemente concettuali (matrice sempre presente nell’ar tista più o meno nascosta o velata) dialogano con un’installa zione formata da 60 tele, 50cm x 50cm ciascuna, sfumate con carboncino e graffite, dal titolo “Baci rubati covid 19”, baci cinematografici prodotti durante il lockdawn, a sottolineare il bisogno dell’uomo di un contatto umano, di un bacio e di un abbraccio in un momento di isolamento fisico. Al centro della seconda sala, quasi a sorpresa (viste le rare incursioni da parte dell’artista nel mondo scultoreo), accolgono il visitatore sei teste trafitte da un arco pronto a scagliare una freccia, che vanno a formare la scultura “Tra iettorie dell’essere”, un’opera concettuale degli anni Ottanta, dedicata alla nascita del pensiero.
Sulle pareti teschi, casse toraciche e vertebre si intrecciano a motivi floreali (come in “Notturno”) a ricordare la caducità della vita, o fluttuano nel buio profondo di costellazioni improbabili alla ricerca del rapporto tra uomo e l’universo, come nelle opere “Cassiopea” “Orione”, “Pro meteo” o “Omar, Roma, Amor”.
La notte domina anche l’opera NGC7419, in cui l’artista ripercorre il sogno ricorrente del numero 7419. Sogno che inizia a fare in seguito della prematura morte del figlio Massimiliano, anche lui artista e disegnatore. Il numero si riferisce ad un ammasso aperto nella costellazione di Cefeo, casualmente a forma di matita. La terza sala è dedicata al “Disegno monumentale” di Galliani: qui volti di giovani incontrati per strada si intrecciano a immagine evocative del mondo antico, come in “Flora lia” in cui si richiamano i giochi antichi romani in onore della dea della fioritura, a richiami al mondo sacro cristiano come “Denti”, un’opera raffigurante dei denti fluttuanti nel cosmo, che si ispira a santa Apollonia e alle reliquie del supplizio subito. Il tema del doppio a lui tanto caro, a cui si accosta negli anni ‘70, domina la quarta sala. Dopo aver disegnato su un foglio morbido la mano dell’Annunciazione di Leonardo e lasciatolo piegato sotto una pigna di libri per un po di tempo, riapertolo trova la medesima immagine speculare. Da qui nasce il ciclo dei “Disegni Siamesi”, il dittico “Nuove Anatomie” e “Omar, Roma, Amor”, esposti in sala accanto a “Rosso Cadmio Caravaggio”, opera di proprietà delle Gallerie Italia, in cui si rifa all’ultima tela dipinta da Caravaggio “Martirio di Sant’Or sola”, con l’aggiunta al centro delle due tele speculari di un quadro di piccole dimensioni con un cuore rosso e un anello d’oro, simbolo del matrimonio della Santa con Dio che l’ha condotta al martirio. I dipinti a olio occupano la quinta sala con un’esplo sione di colori misteriosi e affascinanti. Alla pittura Galliani, dopo essersi dedicato negli anni ‘80, ritorna ogni anno per dipingere il medesimo paesaggio innevato di Montecchio. La sesta sala è dedicata alle diverse sfumature del mondo d’Oriente, mondo con cui l’artista entra a contatto a partire dal 2003 quando partecipa alla Biennale internazionale di Pechino, vinta ex equo con Georg Baselitz con l’opera “Breve storia del tempo”, trittico in cui mette a confronto la frenesia del mondo occidentale con la pacatezza di quello orientale. I colori scintillanti delle polveri d’oro, d’argento e di grafite unite ai toni dei blu cobalto rendono questa sala una delle più mistiche e avvolgenti della mostra. Al tema del sacro è dedicata la settima sezione dell’allestimento. A dominare gli spazi è l’opera “Soltanto Rose” formata da due pannelli, uno di pigmento rosso, a ricordare la ferita della crocifissione, e uno ricoperto da una pioggia di rose (simbolo mariano) in grafite, che formano una croce. Rose, stelle, perle e anelli fluttuano nelle opere sulle pareti, richiamando sacro e pagano in una rappresentazione profondamente spirituale della vita.
Una sala dedicata agli anni Ottanta, quando Galliani aderisce a Magico Primario, movimento fondato da Cairoli e poi a “Ana cronismo”, mette il visitatore a contatto con splendidi dipinti in cui mito e storia sembrano entrare a far parte della vita contemporanea, unendo alla grafite colori drammatici e disegni di grande effetto visivo.
“Le Biennali”, titolo della nona sala, sono rappresentate attraverso alcune delle opere più interessanti di Galliani presentate alle diverse esposizioni internazionali tra cui “Tra le tue fauci” e “Le tue macchie nei miei occhi”.
La mostra si conclude con una decima sezione dal titolo “In luce e ombra” in cui l’artista ridà autorevolezza al disegno di grandi dimensioni. Un video in mostra e un catalogo, pubblicato da Corsiero editore, accompagnano il percorso, permettendo al visitatore di entrare a contatto in modo ancora più profondo con le opere e con la poetica di Galliani, fluttuando tra cielo e terra, tra materiale e spirituale come lo stesso artista fa con i suoi disegni.
Omar Galliani. Diacronica. Il tempo sospeso, Milano- Palazzo Reale, 13 luglio-24 settembre