Domenica 6 ottobre 2024, ore 10:14

Libri

Alle origini del genere

di ENZO VERRENGIA

Con “Il bacio del calabrone”, Giancarlo De Cataldo riporta in libreria il magistrato Manrico Spinori, aristocratico capitolino, con il relativo maggiordomo, Camillo, che lo chiama “signor contino”, e donna Elena, ludopate a spese del patrimonio familiare, dilapidato. Qui indaga sulla morte di Tito Cannelli, proprietario di una griffe d’eccel lenza. Spinori assiste al decessso nel laboratorio dei costumi del Teatro Costanzi di Roma.

De Cataldo, lei adesso parrebbe praticare le strade del giallo light o, come dicono gli americani, del “cozy” crime… 

Be’, mettiamola così: nella vita è bello cambiare… non ho certo abbandonato la vocazione “noir” che mi ha caratterizzato per tanti anni, ma avendo deciso di dare vita a un personaggio seriale, ho scelto di ambientare i delitti in ambienti meno marginali, che lambiscono alcuni miti della società di oggi: se ci fa caso, sin dal primo romanzo gli sfondi sono borghesi, i temi riguardano il successo nello spettacolo, la corruzione, la credulità nella magia e, adesso, la moda. Il crimine, insomma, non alberga soltanto nei bassifondi, anzi… e per raccontare questi delitti d’alto bordo, diciamo così, ho scelto un tono più leggero, meno aspro.

Il bacio del calabrone: un titolo che rimanda alla stagione del grande giallo cinematografico italiano degli anni ’70, da Dario Argento in poi, con un animale nel titolo…

 Anche qui le dico: se anche sullo sfondo ci sono grandi temi, la trama, specie in un giallo, ha il suo peso. E a volte lo scrittore rivendica il diritto di una sana eccentricità, l’invenzione di una specie di “delitto impossibile” o comunque estroso che rimanda alle origini del genere, quando si metteva in campo la sfida fra un criminale di talento e un altrettanto ingegnoso detective. Quanto poi agli anni ’70… adoro quella stagione cinematografica, i manifesti rutilanti, le trovate forse anche ingenue ma cariche di suspense… Dario Argento, poi, è un genio, l’accostamento mi onora.

Il mondo della moda è l’attrattore caotico che più si addice alle dinamiche del plot e della detection.

Ho studiato, sa? Partivo da preconcetti, genere “sotto il vestito niente”, questo mondo mi appariva tutto apparenza e futilità. Poi alcune cose che mi hanno spiegato addetti ai lavori – per esempio, i fratelli Capasa, il creativo e il manager, due grandi salentini giramondo – mi hanno fatto capire che “sotto il vestito” non c’è il nulla, ma una particolare declinazione dello “spirito del tempo”. Sotto il vestito ci siamo noi, con i nostri splendori e le nostre miserie, noi in rapporto con il tempo nel quale siamo chiamati a vivere. E a sognare.

Di Manrico Spinori si avvertiva il bisogno nel giallo italiano, inflazionato di vice questori e marescialli non sempre plausibili.

In effetti, Manrico è anche il modo che ho scelto per raccontare, con un certo realismo, quel mondo del tribunale che ho frequentato per quarant’anni.

( 8 luglio 2024 )

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