Questa che stiamo per raccontarvi è l’eterna fiaba della legge elettorale in Italia, da decenni ormai racconto quotidiano che ci accompagna negli anni che precedono e che seguono la data delle elezioni politiche. C’era una volta, in Italia, il sistema elettorale proporzionale, erano i tempi della Prima Repubblica e i Governi si formavano con alleanze tra partiti, quasi sempre due a fare da architrave, la Dc e il Psi, più l’aggiun - ta di Pri, Pli e Psdi, una coalizione denominata pentapartito. Poi, con l’ar - rivo di Tangentopoli e delle inchieste giudiziarie i partiti della Prima Repubblica scomparirono lentamente e con loro cadde il mito del sistema proporzionale, subito rimpiazzato da un elisir che ci avrebbe accompagnato per anni, il sistema maggioritario che tutto risolve, con un particolare: senza che questo, il maggioritario, si sia mai realizzato pienamente. Il grande innamoramento per il maggioritario nacque nel cuore degli italiani poco prima del 1992, l’anno chiave di Tangentopoli. Era la vigilia di una grande estate italiana, il 9 giugno del 1991 quando con un referendum vennero abolite le preferenze plurime, si trattava del giorno in cui Bettino Craxi, leader del Psi, invitò gli italiani ad andare al mare. Ci andarono al mare, ma dopo aver votato e fu di fatto la prima botta ad un sistema politico che già era entrato in crisi alla fine degli Anni Ottanta con i grandi cambiamenti storici, il crollo del Muro di Berlino e l’inizio della fine del comunismo nei paesi dell’Est. Siccome le botte nella storia non vengono mai da sole, da lì a poco meno di due anni, il 18 aprile del 1993, in piena crisi dei partiti della Prima Repubblica per le inchieste giudiziarie di Tangentopoli, arrivò il secondo referendum sulla legge elettorale. Gli italiani con il loro voto cancellarono il sistema di elezione del Senato, un voto che venne interpretato come una svolta in senso maggioritario, comunque contro il proporzionale. Da quel voto nacque il Mattarellum, dal cognome del suo padre, l’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella e iniziò la rumba degli –um, desinenze latineggianti ed ironiche (si deve il nome al colpo di genio del politologo Giovanni Sartori) che da lì in poi avrebbero accompagnato tutte le riforme delle leggi elettorali. Nel 1994, con la discesa in campo di Silvio Berlusconi e la nascita di Forza Italia, per dare una rappresentanza agli elettori moderati orfani degli esangui Dc e Psi il nostra Paese conobbe il bipolarismo, di fatto, ovvero una divisione tra berlusconiani e antiberlusconiani che nulla aveva a che fare con un vero e pieno sistema maggioritario garantito da una legge elettorale in toto maggioritaria. Cominciava allora, in quel lontano nel 1994, ventitré anni fa, il ping pong delle leggi elettorali italiane, Porcellum, Italicum, Rosatellum e via di seguito, una danza noiosa e che mai ha portato ad una scelta che togliesse al nostro Paese l’ambigui - tà di essere a parole per il maggioritario e nei fatti anfibio, un po’ proporzionale ed un po’ maggioritario. Qui la favola del viva il maggioritario rivela, come una cartina di tornasole (riletta pure oggi che in Parlamento stanno riparlando di legge elettorale), come questa nostra Italia non sia stata capace, dalla fine della Prima Repubblica, di darsi un sistema elettorale definito e che garantisse una stabilità. La domanda è: perché? La risposta è semplice, il sistema elettorale per una politica debole, nell'era della crisi della rappresentanza e delle rappresentanze intermedie, è un grande alibi nel caso non si facciano le riforme e le cose vadano male. Un particolare: una riforma elettorale, condivisa dal maggior numero di partiti possibile, andrebbe fatta ad inizio di una legislatura e non alla fine quando il voto è imminente ed ogni cambiamento può essere strumentalizzato, pro o contro le ragioni della riforma stessa. In questa ambiguità è finita, oggi, anche la retorica del maggioritario e del proporzionale rendendoci di fatto l'unico grande paese europeo, rispetto a Germania, Francia, Inghilterra e Spagna, che discute da un quarto di secolo di riforma elettorale. Per questo, seguendo la lezione del professor Sartori, potremmo dire che questi anni di dibattito sulla legge elettorale han prodotto soltanto un eterno Discutellum.