A sorpresa Unicredit, dopo aver messo nel mirino la tedesca Commerzbank, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio volontaria su Banco Bpm, che ha riunito ieri il suo Cda, dal quale, come nelle attese, è venuta una secca bocciatura. Di certo i vertici dell’istituto non hanno gradito l’affondo partito da Piazza Gae Aulenti, che del resto ha sollevato perplessità, e nel caso della Lega aperta ostilità, anche sul fronte governativo. A tal punto che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è spinto a ventilare l’utilizzo del golden power per sbarrare la strada all’avanzata di Unicredit. Con la sua mossa, in effetti, l’ad Andrea Orcel sembra aver scompaginato i piani relativi alla nascita di un terzo polo, di cui proprio Banco Bpm, prima con l’opa su Anima e successivamente con l’ingresso in Mps accanto a Caltagirone e Delvecchio, avrebbe dovuto rappresentare, nel disegno dell’esecutivo, il perno.
Unicredit ha deciso di lanciare un'offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni di Banco Bpm per un controvalore, nel caso di adesione integrale, di poco superiore ai 10 miliardi di euro, sostenuta da un amento di capitale della stessa cifra. Se l'operazione andasse in porto, nascerebbe il più grande polo bancario italiano e la terza banca in Europa per capitalizzazione di mercato.
I sindacati osservano con attenzione l’evolversi della situazione e fissano i loro paletti. “Al di là della reazione a caldo, si tratta ora di vedere quale sarà la risposta del mercato nelle prossime settimane e quali saranno le reazioni dei principali attori coinvolti, a cominciare da Banco Bpm, senza dimenticare che il suo principale azionista, Crédit Agricole Italia, ha oltre il 9% del capitale di Piazza Meda – commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani - Inoltre, nonostante le rassicuranti dichiarazioni di Orcel, saranno valutati anche i futuribili riflessi su Mps. Insomma, un’operazione straordinaria che presenta elementi di incertezza, senza escludere variazioni delle condizioni di offerta”.
Di certo un’eventuale fusione tra Unicredit e Banco Bpm rappresenterebbe un test rilevante per gli assetti del settore. “La nostra attenzione e applicazione sarà massima. Al primo posto ovviamente – spiega Colombani – c’è e ci sarà la tutela del lavoro. Intanto, non si vedono ragioni, anche in forza dei livelli di efficienza raggiunti, per ridurre il numero delle persone complessivamente occupate nei due gruppi bancari, che erano oltre 52mila in Italia alla fine dello scorso anno. Infatti, una banca che vuol fornire un contributo per le trasformazioni epocali in atto nell’economia e nella società non ha bisogno di ridurre il numero di persone occupate, che dovranno essere continuamente aggiornate e formate. Inoltre, è importante la salvaguardia delle reti di filiali dei due gruppi, che peraltro sono già state molto ridotte negli ultimi anni. Dalle dichiarazioni sembra esserci l’intenzione di non procedere a chiusure significative. D’altra parte – conclude – sarebbe un controsenso, visto che Banco Bpm ha in Lombardia oltre 500 sportelli e proprio questa caratteristica è uno dei principali fattori apprezzati da Piazza Gae Aulenti”.
Carlo D’Onofrio