Mercoledì 30 aprile 2025, ore 17:46

Parigi 

I Leader Ue: sostegno all’Ucraina, ma divisioni sulla missione di pace 

L'Europa si presenta ancora una volta spaccata all'appuntamento con la storia. Con lo spauracchio di essere esclusi dal dialogo avviato fra Donald Trump e Vladimir Putin sull'Ucraina, i principali leader del Continente si sono incontrati e hanno discusso, ma poi hanno lasciato l'Eliseo e il presidente Emmanuel Macron - che li aveva convocati per un summit di crisi - senza trovare una linea comune, a cominciare dall'ipotetico invio di truppe di pace in Ucraina auspicato dall'ospite. Dopo più di tre ore, i capi dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Polonia e Olanda - alla presenza dei vertici Ue e della Nato - si sono trovati solo sui principi generali, ovvero sulla necessità di condividere le scelte con gli Stati Uniti, l'esigenza di garantire una pace giusta e di proteggere l'Ucraina. Macron ha addirittura fatto precedere la riunione da un gesto eloquente, una telefonata di una ventina di minuti con Donald Trump, un segnale di mano tesa e di volontà di collaborazione.

Ma non è bastato. Il primo ad uscire dalla riunione è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ribadendo la necessità che Europa e Stati Uniti agiscano "sempre insieme" per la sicurezza di tutti. Scholz ha insistito in particolare sull'aumento del "finanziamento" dello sforzo europeo per la sicurezza, accettando di andare oltre le regole di bilancio di solito invalicabili per la Germania. Quanto invece al dossier che più di ogni altro ha spaccato i partecipanti, il possibile invio di truppe in Ucraina, il cancelliere è il capofila di quelli che non ne vogliono neppure sentir parlare, almeno per il momento. Si è definito anzi "irritato" da chi ha avanzato questo tema: "Credo - ha detto - che sia del tutto prematuro parlarne ora. Anzi sono anche un pò irritato per questo dibattito".

Arrivata per ultima al vertice, quando tutti erano seduti attorno al tavolo già da un'ora, anche Giorgia Meloni non ha nascosto le sue perplessità, a partire dal formato ristretto della riunione, che ha escluso ad esempio gli Stati baltici e del Nord, i più esposti al rischio di estensione del conflitto. Non si possono apparecchiare caminetti "anti-Trump", né scegliere una linea in contrasto con gli Stati Uniti, sarebbe stato il senso del ragionamento della premier, secondo cui l'opzione di inviare truppe europee di deterrenza in Ucraina sarebbe "la più complessa e la meno efficace"soprattutto senza adeguate garanzie di sicurezza per Kiev.

ll polacco Tusk, ha ammesso che i rapporti fra Europa e Stati Uniti entrano ormai in una nuova fase ed ha riferito che "tutti i partecipanti" alla riunione ne hanno convenuto. Come Madrid, anche Varsavia però è risultata quanto meno riluttante all'ipotesi di stivali sul terreno, opzione alla quale ha invece aperto Keir Starmer, primo ministro britannico che la settimana prossima andrà a Washington da Trump e vorrebbe ricoprire il ruolo di "facilitatore" fra Europa e Usa.

Macron ha sorpreso un pò tutti non prendendo la parola in nessun modo dopo il vertice, un atteggiamento inedito per lui, che ama solitamente comunicare ai francesi il risultato delle sue iniziative: segno che le sue proposte per trovare un'unità di intenti europea non hanno dato frutti. La richiesta, insistita, per un impegno ad inviare truppe e sempre più armi per difendere l'Ucraina e garantire una pace giusta non hanno convinto la maggioranza degli invitati. Stando ad alcuni funzionari informati sui preparativi per l'incontro di Parigi, il capo dell'Eliseo aveva abbozzato l'ipotesi della creazione di una "forza di rassicurazione" da posizionare non su una futura linea di cessate il fuoco in Ucraina, ma "al di qua". L'assenza, preventivata da Parigi, di un documento finale di questa riunione rende impossibile capire quali siano stati i temi "esclusi" dai disaccordi, e quelli sui quali invece si potrebbe lavorare ad un'intesa.

Rodolfo Ricci

( 18 febbraio 2025 )

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