Sanac è una fabbrica di materiale refrattario, con stabilimenti attivi nelle province di Vercelli, Savona, Massa Carrara e Cagliari. Occupa circa 300 lavoratori e vive da sempre soprattutto degli ordinativi di Acciaierie d’Italia (ex Ilva e Arcelor Mittal). Quest’ultima a maggio 2021 blocca inspiegabilmente le commesse, rifornendosi all’estero, avvalendosi di una filiera costosa e rinunciando alla qualità dei rivestimenti, garanzia di lunga vita per gli altiforni. Sanac, già provata da oltre 10 anni di gestione commissariale e da mancati incassi per 23 milioni di euro proprio da Acciaierie d’Italia, va in sofferenza e viene esposta a manifestazioni d’interesse su singoli siti produttivi del Gruppo. Perché l’azienda nata nel 1939 per rifornire la siderurgia italiana e ancora leader sui refrattari, con circa il 35% del mercato nazionale e il 60% del suo fatturato legato all’ex Ilva di Taranto, sta vivendo questa crisi? Cosa è possibile mettere in campo per evitare lo spacchettamento, riprendere le produzioni e rilanciare la forza lavoro? La risposta sul passato e il futuro dell’azienda è nelle mani del Governo, che con Invitalia, controllata dal Tesoro (MEF), è dentro l'asset societario di Adi e al contempo gestisce la fase di amministrazione straordinaria di Sanac. Governo che dunque con una mano contribuisce a impoverire il Gruppo, tagliando gli ordinativi, e con l’altra ipotizza uno “spezzatino” aziendale e paga gli ammortizzatori straordinari, già lungamente e largamente impiegati. Oggi che il credito di Sanac con Adi si è ridotto a 3 milioni di euro, è possibile cambiare verso a un destino che sembra segnato. La Società, con i suoi quattro siti, realizza un’importante gamma di prodotti, con notevoli volumi, per i diversi mercati. Negli ultimi anni ha ottenuto risultati di bilancio positivi, con aumenti di fatturato e profitto, realizzando gli investimenti consentiti dallo stato di Amministrazione Straordinaria e incrementando i livelli occupazionali. Parliamo dunque dell’opportunità e dell’urgenza di rilancio di un settore ancora strategico che, diversamente, sarebbe un altro pezzo di desertificazione industriale di certa parte del Paese. Insistere su una vendita delle singole unità produttive deprezza il Gruppo e marginalizza i siti più in difficoltà, senza peraltro creare valore aggiunto per chi è attualmente in produzione. Così dunque la gestione commissariale non salvaguarda né il patrimonio industriale né l’occupazione. Su questa vertenza a livello unitario abbiamo aperto lo stato di agitazione e come Femca Cisl non cederemo di un passo. Due giorni fa siamo stati convocati al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per il 17 aprile prossimo, in merito a una verifica sul bando di gara. Se si insisterà sullo spacchettamento e sull’indebolimento del gruppo, presto potremmo trovarci riuniti in un presidio di fronte al dicastero per ribadire al Mimit la richiesta di far valere la sua azione di controllo sulle aziende coinvolte, aprendo un tavolo negoziale permanente, fino alla risoluzione della crisi. Acciaierie d’Italia può spendere meno, acquistando materiali refrattari proprio in Italia - peraltro di qualità superiore rispetto alle forniture estere - e con il ripristino delle commesse può far tornare al lavoro tutti gli addetti dei quattro complessi aziendali, senza ipotizzare chiusure, far ruotare produzioni o vendere pezzi che, al momento, ritiene pregiati. Salvare Sanac si può.
Nora Garofalo
Segretaria generale Femca Cisl