La vicenda degli ex dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio, oggi sotto l’egida della Qf, si trascina da molto tempo caratterizzata da incertezza lavorativa e finanziaria. Ora siamo di fronte all'apertura della terza procedura di licenziamento (avvenuta il 10 gennaio) che - spiegano i sindacati -"diventerebbe definitiva dal 26 marzo in poi". "L'azienda pensi al pagamento degli stipendi, e politica e istituzioni diano il via alla reindustrializzazione dello stabilimento" ex Gkn "attraverso tutti gli strumenti disponibili". Sono queste, in sintesi, le due posizioni emerse nel corso dell'assemblea dei lavoratori per la quale i licenziamenti "non sono mai cessati, poiché 12 mesi senza stipendio e senza ammortizzatori sociali sono già un licenziamento di fatto. E, infatti, i posti di lavoro bruciati dall'inizio della vertenza sono già oltre 300. QF "dopo aver liquidato nei fatti l'attività produttiva, non avendo mai presentato un piano industriale come era previsto dall'accordo quadro del 19 gennaio 2022, e l'asset immobiliare, avendo venduto lo stabilimento già a marzo 2024, all'insaputa di tutti, vuole liquidare anche l'asset dei lavoratori". Così i sindacati richiamano l'azienda a pagare "tutte le spettanze arretrate", così come "più di un anno di stipendi arretrati. Lo deve fare con urgenza, perché ogni ulteriore temporeggiamento è inaccettabile". Lavoratori e sindacati, quindi, ricordano che "il tribunale di Firenze aveva imposto a Qf di applicare la legge contro le delocalizzazioni", in cui si prevede anche "la presentazione di un piano mai elaborato. Constatiamo quindi che l'azienda ha deciso unilateralmente di non rispettare la sentenza, oltretutto senza pagarne alcuna conseguenza". Da qui al 26 marzo, quindi, "è necessario definire la reindustrializzazione e garantire continuità occupazionale". In questo senso, evidenziano, "l'unica via di risoluzione della vertenza passa attraverso: il pagamento di tutto il dovuto", quindi "stipendi, contributi; la reindustrializzazione, a partire dall'unico soggetto, la cooperativa dei lavoratori, che ad oggi ha presentato un piano e che, se inserito in uno scenario più ampio di consorzio industriale, potrebbe essere una soluzione anche per il mantenimento dei livelli occupazionali; l'utilizzo di tutti gli strumenti normativi e legislativi", come "gli ammortizzatori sociali, la legge regionale sui consorzi e la formazione, per il rilancio del sito e dell'attività produttiva". Il primo avviso di licenziamento collettivo risale al luglio del 2021, seguito da un secondo tentativo alla fine del 2023. Entrambe le istanze sono state invalidate dal tribunale di Firenze, il quale ha accolto i ricorsi presentati riconoscendo una condotta antisindacale da parte dell’azienda. L’annuncio attuale segna quindi il terzo capitolo di una saga legale e umana che testimonia la difficile transizione industriale nel settore dell’automotive e la resistenza sindacale a decisioni aziendali di smantellamento. Le conseguenze di questi licenziamenti collettivi vanno ben oltre la perdita di posti di lavoro; influenzano l’intero tessuto economico della regione, mettendo a rischio il sostentamento di centinaia di famiglie e compromettendo la coesione sociale. Il futuro di questi lavoratori rimane sospeso in un limbo che chiama in causa la responsabilità sociale delle aziende e l’efficacia delle politiche di tutela lavorativa. La speranza è che il dialogo tra le parti interessate possa portare a soluzioni eque e sostenibili.
Ce.Au.