Sciopero di 8 ore su tre turni proclamato da Fim, Fiom e Uilm. Hanno incrociato le braccia oggi i lavoratori dell’ex Ilva per protestare contro l’avvio della cassa integrazione avvenuta il 2 luglio. I sindacati hanno sperato fino all’ultimo che la cassa integrazione fosse posticipata o quanto meno condizionata all’incontro del 9 luglio al ministero dello Sviluppo in cui è in programma un aggiornamento sugli accordi presi a settembre tra il governo e ArcelorMittal sugli interventi di riconversione ambientale dell’acciaieria, ma così non è stato.
"E’ inaccettabile che di fronte ad uno scontro tra due irresponsabilità quella dell’azienda e quella del governo a pagare siano i lavoratori - afferma il segretario nazionale della Fim, Valerio D'Alò - . All’azienda abbiamo chiesto di rivedere la sua posizione sulla cassa integrazione, perché è inaccettabile, nonostante il calo della domanda di acciaio, mettere in cassa per 13 settimane 1.395 lavoratori. L’attuale proprietà è partita ridimensionata rispetto alla precedente e dovrebbe avere tutte le flessibilità per gestirle il calo della domanda di acciaio. Un’azienda che si propone per rilanciare un sito che ha attraversato una crisi di 11 anni circa (la prima cassa integrazione risale oramai al 2008) porta con sé degli strascichi di fette di mercato perse e assenza dai mercati prevedibile e i lavoratori non possono cadere ogni volta nello sconforto dopo aver creduto in un progetto che va portato avanti con convinzione".
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