Pier Luigi Ledda è segretario generale della Cisl sarda dallo scorso mese di maggio. Il suo incarico ha praticamente coinciso con l’inizio dell’attività della Giunta regionale della Sardegna, per la prima volta guidata da una donna, Alessandra Todde. In questi 5 mesi Ledda e il Consiglio generale hanno messo a punto una piattaforma di azioni per rilanciare il dialogo delle organizzazioni sindacali con la Regione e le forze imprenditoriali su economia, lavoro e sviluppo.
Segretario, quali sono le grandi emergenze della Sardegna?
L’isola è una delle regioni più povere della Unione Europea, con un PIL al di sotto della media UE, una forza lavoro in diminuzione e un’occupazione fortemente caratterizzata dal lavoro precario e stagionale. Tra i primi atti del mio mandato c’è stata la richiesta alla Giunta Todde affinché si affronti con un piano concreto e con determinazione la drammatica situazione di povertà che ormai riguarda oltre 120 mila famiglie. Nella nostra regione, inoltre, la povertà relativa e assoluta costituisce un fenomeno che coinvolge un numero sempre più importante di anziani. E’urgente intervenire con un welfare diffuso e generativo che rafforzi le politiche sociali e socioassistenziali.
Sul fronte dell’andamento occupazionale quale è la maggiore preoccupazione sindacale?
In questo momento, sicuramente la crisi industriale nel Sulcis. Riteniamo che la Sardegna debba riprendere a sviluppare una politica industriale indispensabile a fare crescere tutto il territorio e a dare prospettive di miglioramento economico, reddituale, occupazionale. Il problema di fondo, che va affrontato e risolto, attiene ai costi dell’energia che oggi non consentono al sistema produttivo della Sardegna di essere messo nelle condizioni di competere, attrarre investimenti, ritornare ad essere un driver di sviluppo. Le vertenze in corso, a partire da quella della Portovesme Srl - Glencore, Syder Alloys, Eurallumina, centrale Grazia Deledda devono essere affrontate con decisione dalla Regione, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e degli stessi lavoratori. In particolare, dalla multinazionale Glencore ci aspettiamo un nuovo piano industriale che assicuri continuità produttiva e salvaguardia di tutti i posti di lavoro diretti e dell’indotto.
La transizione energetica invece di diventare un'occasione rara per rilanciare la Sardegna, rischia essere un tema divisivo
Per la Cisl sarda la soluzione dell’emergenza energetica consiste in un mix che comprenda metano, idrogeno, idroelettrico, eolico, fotovoltaico e biomasse. I sistemi di accumulo di energia e i parchi di batterie agli ioni di litio non costituiscono una risposta adeguata alla chiusura delle centrali a carbone, poiché non offrono un percorso chiaro per la bonifica, il risanamento e il rilancio industriale. È necessario integrare queste soluzioni in una revisione del Piano Energetico Ambientale Regionale che contempli anche tali aspetti. Occorre promuovere iniziative che programmino e creino le condizioni per uno sviluppo produttivo ed economico allineato con le scelte e le dinamiche europee. L’obiettivo di 6,2 GW di potenza minima installata per la Sardegna, entro il 2030, unitamente agli aspetti procedurali e all’esproprio delle competenze regionali, costituisce il nodo centrale della questione. Non si tratta di semplificazioni amministrative, ma di norme che compromettono i poteri autonomistici della Regione Sardegna, incidendo negativamente sulla programmazione e attuazione dello sviluppo nell’Isola. Inoltre, queste normative potrebbero introdurre nuove servitù, senza tenere adeguatamente conto del reale fabbisogno energetico della Sardegna.
I sardi temono il moltiplicarsi di centrali eoliche sulla terra e in mare, quindi una minaccia al patrimonio ambientale e culturale dell'Isola
Nella nostra regione, la transizione energetica è percepita come estranea e imposta e sta generando un diffuso malcontento, poiché non sono chiari i benefici economici e occupazionali che potrebbe portare. La Sardegna ha un enorme potenziale in termini di energie rinnovabili, grazie alle sue risorse naturali di vento e sole. Tuttavia, lo sviluppo delle rinnovabili non ha ancora avuto l’impatto che ci si potrebbe aspettare, a causa di speculazioni e di una distribuzione iniqua dei benefici economici derivanti dagli impianti. La proposta della Cisl per governare l’eolico? Noi proponiamo di introdurre un regime contributivo che riconosca vento e sole come beni pubblici. I proventi derivanti dall’utilizzo di queste devono essere redistribuiti in modo equo alle comunità locali, che non possono rimanere spettatori passivi. Le comunità devono partecipare attivamente ai progetti e beneficiare direttamente dei profitti generati dagli impianti, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale del territorio. In questo modo, le energie rinnovabili non solo favoriranno la transizione energetica, ma diventeranno un vero e proprio motore di crescita per l’Isola.
Fuga dei giovani e inverno demografico hanno assunto dimensioni preoccupanti
La questione dello spopolamento delle aree interne e dei comuni demograficamente minori non è risolvibile con soluzioni estemporanee, ma con il miglioramento dei servizi primari, con specifici programmi e interventi a favore dell’agricoltura e dell’allevamento, del turismo, della piccola media industria, con nuove misure e strumenti a favore del lavoro dei giovani, sostenendone la permanenza con incentivi per le loro abitazioni e valorizzando e rivitalizzando le comunità sul versante di beni ambientali e culturali. In occasione della festa dei 70 anni del sindacato abbiamo lanciato la marcia delle zone interne che porteremo avanti nelle prossime settimane con Cgil e Uil. E’ un’azione forte, di popolo, per le zone interne e per lo sviluppo dell’intera Isola, un movimento positivo per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di promuovere politiche a favore delle aree interne con particolare attenzione all’istruzione, alla formazione e al rilancio economico e per un deciso sostegno al Telescopio Einstein a Sos Enattos.
L’autonomia differenziata mette a rischio la specificità della Sardegna?
La Sardegna non deve arretrare di un passo rispetto alla sua specificità costituzionale e istituzionale. Per la Cisl è questo il tema: rivendicare condizioni di pari opportunità perché differenti sono i punti di partenza, ma attestarsi sulla difensiva, rispetto all’autonomia differenziata, è una strategia perdente. La Cisl Sarda non farà questo errore, come la Cisl non lo sta commettendo sullo scenario nazionale. La Specialità e l’Autonomia vanno difese indicando nuovi traguardi, migliorando la rappresentanza politica e istituzionale, declinando un diverso rapporto con lo Stato e con l’UE, costruendo una nuova Regione, ridefinendo il ruolo degli Enti Locali, varando una nuova legge elettorale, con una partecipazione del partenariato economico e sociale. Occorre un nuovo modello istituzionale dell’Autonomia e della partecipazione democratica, partendo dal principio di sussidiarietà e dando valore ai territori per contenere l’impatto della crisi e generare coesione sociale (ruolo delle forze sociali ed economiche nella programmazione dello sviluppo e rilancio del CREL, Comitato regionale economia e lavoro).
Mario Girau