Nel Discorso alla città pronunciato dalla basilica di Sant’Ambrogio l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha affrontato anche il tema della “gente stanca” di un lavoro “che non basta per vivere” e degli incidenti sul lavoro che sono di drammatica attualità. Ha assunto quindi un significato ancora più particolare la visita che la scorsa settimana ha fatto alla Cisl Lombardia, dove ha incontrato una folta platea di segretari territoriali e di categoria, di operatori e di lavoratori della sede, in rappresentanza degli oltre 730mila iscritti, dei 7.500 delegati, dei 700 agenti sociali delle varie province.
“Ci hanno profondamente colpito i suoi riferimenti alla ‘stanchezza’ della gente che lavora - ha detto il segretario generale lombardo Ugo Duci -, stanchezza non dovuta alla fatica, all’impegno, alla responsabilità, ma figlia del sempre più diffuso disconoscimento del valore che il lavoro deve avere per ogni persona. Lei ha richiamato tutti a riconsiderare tre elementi chiave del lavoro buono: la sicurezza, il salario e la qualità. Un richiamo che non può lasciarci insensibili, che mette alla prova la capacità del sindacato di incidere più e meglio sui fattori che contribuiscono a ‘lasciar riposare la gente stanca del lavoro del tempo presente’, a renderlo più sicuro, più dignitoso, più giustamente retribuito, più partecipato”.
Dopo avere ascoltato le testimonianze della segretaria generale Felsa regionale Kelly Bassi, del leader Fnp Sergio Marcelli e di Michele Spadaro, addetto all’accoglienza della sede milanese di via Vida, monsignor Delpini ha preso la parola focalizzando la sua riflessione sul lavoro che cambia e sottolineando l’importanza di un sindacato capace di accogliere e sostenere chi arriva da lontano e con uno stile non votato a creare scontri e contrapposizioni pregiudiziali.
“Sono qui per benedire, che significa dichiarare un’alleanza - ha osservato l’arcivescovo -. La benedizione non è una parola magica, ma significa che quando facciamo il bene possiamo avere la certezza che il Signore opera con noi. La prima cosa che vorrei chiedere è una visione, perché molti segnali dicono che il mondo del lavoro sta cambiando in maniera rapida. Operare per i lavoratori vuole dire certamente assisterli, ma avere anche una prospettiva su forme di lavoro che tendono sempre più a isolare, che vanno verso il mondo digitale e della delocalizzazione. Su tali aspetti, quale visione abbiamo dell’uomo e della donna che lavorano e delle prospettive che si vanno profilando?”.
La visita del religioso alla guida di una delle Diocesi più popolose del mondo è stata anche l’occasione per fare il punto con i giornalisti su alcune questioni di stretta attualità. A cominciare della situazione dell’economia e dell’occupazione nella regione. “Anche la grande locomotiva d’Europa, la Lombardia - ha evidenziato Duci - segna dei colpi. Il lavoro grazie a Dio non manca, tuttavia in molti casi è un lavoro povero, è un’occupazione che non consente di avere una retribuzione dignitosa. C’è un mismatch, cioè una mancanza di incontro tra la domanda di lavoro di tante imprese lombarde e l’offerta di lavoro. Insomma anche in Lombardia servono politiche attive per il lavoro e della formazione: non culliamoci sugli allori del passato perché altrimenti tra un po' ci troveremo ad essere non la locomotiva, ma una delle ultime carrozze del Paese”.
La tragica esplosione al deposito Eni di Calenzano ha riportato alla ribalta un problema quotidiano. Ormai non c’è quasi giorno che non si conti una vittima in un luogo di lavoro. “Il tema della sicurezza coinvolge tutti - ha affermato l’arcivescovo -: la qualità delle strutture e degli impianti, la responsabilità dei proprietari e di chi lavora, la normativa che regola gli orari, la qualità del lavoro. Gli incidenti sul lavoro sono intollerabili e devono essere eliminati con il contributo di ciascuno. Mi pare che sia responsabilità di tutti non abituarsi mai al fatto che un uomo e una donna vadano a lavorare al mattino e alla sera non tornino in famiglia perché c’è stato un incidente. E’ un dovere collaborare per porre fine a questa strage: mi sconvolge l’idea che la gente vada a lavorare e invece di trovare un modo per vivere trovi la morte o l’invalidità”.
Nell’omelia di domenica scorsa, durante la Messa in Duomo per i 50 anni dalla fondazione della Caritas Ambrosiana, monsignor Delpini ha annunciato la creazione di un Fondo (dedicato all’arcivescovo ambrosiano Ildefonso Schuster) per affrontare il grave problema della casa. La Diocesi ha messo un milione di euro e chiesto il contributo di tutti, a cominciare dalle istituzioni. Oggi anche per chi ha un lavoro stabile è difficile pagare un affitto a Milano, figuriamoci comprare un appartamento.
Mauro Cereda