Sabato 8 febbraio 2025, ore 5:23

Focus

Le sfide della Sicilia, terra dalle mille contraddizioni

Ogni giovane che lascia la Sicilia per non farvi più ritorno, rappresenta una sconfitta per tutti noi, perché significa che non siamo riusciti a costruire un’alternativa possibile e credibile alla fuga dei cervelli. Dobbiamo lavorare affinché partire sia una scelta e non un obbligo”. Ha le idee chiare il segretario della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, che come primo punto del suo mandato ha indicato quello di “non presentare libri dei sogni, perché in una terra complessa come questa, servono strategie chiare e concrete e soprattutto serve partecipare, mettendoci la faccia con coraggio e portando avanti proposte realizzabili.

I dati statistici più recenti fotografano una crescita dell’economia siciliana, pur con alcuni elementi di rallentamento. Si può guardare con ottimismo al futuro?
Si colgono alcuni segnali di ripresa ma, come rilevato nell’ultimo report di Bankitalia, la Sicilia continua a registrare ritardi strutturali in vari settori chiave, con effetti negativi sul lavoro, sulle famiglie e sul tessuto produttivo dell’isola. La disoccupazione, la carenza di infrastrutture e il malfunzionamento del sistema del welfare continuano purtroppo a essere una tara costante che ci trasciniamo ormai da troppi anni. Serve una vera svolta, sia di tipo metodologico sia di tipo propositivo.

In che modo, secondo Lei, si dovrebbe cambiare marcia?
Significa riconoscere che il modello attuale non funziona più. Che le vecchie logiche e le risposte emergenziali non sono sufficienti. Cambiare marcia vuol dire adottare un nuovo approccio metodologico, basato su una pianificazione strategica a lungo termine, che metta al centro il lavoro, l’innovazione e il benessere sociale. È un invito a tutti, istituzioni, parti sociali e imprese, a collaborare in modo diverso, con maggiore responsabilità e visione. Da troppo tempo ribadiamo al governo regionale la necessità di avviare una stagione di confronto con tutti gli attori sociali, economico e produttivi della Sicilia. Da soli non si va avanti, si rischia di restare arroccati sulle proprie posizioni, senza accorgersi che attorno tutto si sta trasformando.

Qual è, secondo lei, il punto di partenza per questa nuova road map?
Il punto di partenza è un’analisi obiettiva dei bisogni della regione e delle sue potenzialità. Non possiamo continuare a rincorrere le emergenze senza risolvere i problemi strutturali. Dobbiamo partire da un metodo inclusivo e partecipativo, coinvolgendo i territori, ascoltando le parti sociali e le imprese, il sistema dell’associazionismo, il mondo attivo nel sociale. Insieme dobbiamo costruire un’agenda che metta al centro lo sviluppo sostenibile, la creazione di lavoro dignitoso, la riduzione delle disuguaglianze e la promozione di una crescita inclusiva. Bisogna ripartire dal dialogo per creare opportunità lavorative stabili e di qualità e per fare in modo che nessuno sia lasciato indietro.

Fra le tante criticità ataviche della Sicilia, una si è trasformata in emergenza, quella della siccità. Cosa proponete al governo Schifani per affrontare questo serio problema?
Sembrerà banale ma in realtà la prima azione da compiere è quella di essere pienamente consapevoli che senza acqua si ferma tutta l’isola, che il problema va affrontato non soltanto sotto il profilo degli usi civili, ma anche delle necessità e delle richieste del sistema produttivo nella sua interezza. Purtroppo ancora oggi si tendono a slegare i due aspetti, che invece fanno parte di un unico segmento. Partendo da questo presupposto, noi proponiamo una strategia a breve, medio e lungo termine. Intanto è necessario un piano di manutenzione degli invasi e delle dighe già esistenti, la cui capacità oggi è ridotta rispetto alla loro originaria capienza per la assenza di lavori di pulizia e dragaggio. Vanno certamente costruiti nuovi invasi. E sicuramente si deve puntare sul recupero delle acque depurate indispensabili per i settori economico produttivi. In questo senso, si deve affrontare e risolvere in modo definitivo la questione dei depuratori, la cui mancata realizzazione ha avuto come effetto diretto quello di ricevere numerose infrazioni da parte dell’Unione Europea. Vanno attivati gli investimenti con le risorse provenienti dall’Ue per rendere la depurazione una risorsa anche in termini di contrasto alla crisi idrica. Anche i consorzi di bonifica sono importanti per il ruolo che rivestono rispetto al settore agricolo e agroalimentare. Da tempo chiediamo che sia varata la riforma specifica, perché occorre dare garanzie ai lavoratori e risposte concrete al mondo produttivo. Auspichiamo che finalmente il governo regionale si attivi in tal senso, avviando preliminarmente un confronto con le parti sociali.

Le cronache recenti raccontano di un’altra emergenza in Sicilia, quella della sanità. Qual è la causa di questo stato di cose?
E come superare il momento emergenziale? La sanità siciliana è da tempo malata e purtroppo ormai sembra avviata verso una cronicizzazione della patologia. La situazione di oggi è infatti determinata da decenni di scelte politiche e istituzionali poco efficaci e poco aderenti ai bisogni dei cittadini e alle competenze degli operatori. L’esempio più lampante è la difficoltà a garantire servizi agli utenti per la grave carenza di personale. Questo determina infinite liste d’attesa, con performances negative anche nella prevenzione, che come è noto, deve essere punto cruciale del sistema assistenziale e sanitario. Altra nota dolente è la mancata partenza della medicina sul territorio, perché questo si traduce nel sovraffollamento degli ospedali, in particolare delle aree di emergenza. In una terra che invecchia, in cui cresce il bisogno di sanità, non si può procedere a tentoni, occorre una pianificazione che metta al centro la valorizzazione del personale, l’avvio di un percorso di assunzioni e la vera attuazione della sanità di prossimità. Da poco si è insediata la nuova assessora regionale alla Salute, Daniela Faraoni. Confidiamo che fra i suoi primi atti ci sia quello di confrontarsi con le parti sociali. Noi siamo come sempre pronti a rimboccarci le maniche per costruire insieme il futuro del settore nell’isola.

Lei ha parlato della fuga dei cervelli, triste realtà in Sicilia. Come pensa si possa contrastare?
La ricetta è complessa ma anche semplice, perché lo strumento principale è il lavoro. Servono politiche attive per il lavoro che puntino alla formazione necessaria per superare il mismatch fra domanda e offerta, che prevedano il sostegno alle start up giovanili, soprattutto in settori ad alta innovazione tecnologica. C’è bisogno di creare nuove opportunità occupazionali legate all’attrazione degli investimenti, anche grazie alla piena operatività delle Zes, che possono essere un vero motore di sviluppo. Non possiamo permettere che i giovani siciliani vedano l’emigrazione come unica soluzione: devono avere prospettive reali qui, nella loro terra.

Qual è il ruolo della Cisl in questo percorso? 
Vogliamo essere un ponte tra cittadini, istituzioni e imprese. Siamo qui per proporre soluzioni, monitorare i risultati e operare affinché le scelte e le decisioni siano orientate al bene comune. Vogliamo essere una forza propulsiva per il cambiamento, dimostrando che un altro modello di sviluppo è possibile, se si lavora con serietà e unità d’intenti. Quello che è troppo spesso mancato in questa terra è la speranza. Noi vogliamo lavorare per restituirla alle persone, facendo capire che cambiare marcia è possibile, ma possiamo farlo solo insieme.
Laura Compagnino

( 6 febbraio 2025 )

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