I dati Istat sul lavoro nel secondo trimestre confermano il trend positivo iniziato dopo la fase pandemica: occupazione in crescita da oltre tre anni; 329mila occupati in più negli ultimi dodici mesi, che a luglio hanno superato per la prima volta i 24 milioni, con aumento del 3,3% dei dipendenti a tempo indeterminato e calo del 6,7% di quelli a termine; quota dei contratti temporanei sul totale in riduzione da oltre due anni, pari al 12%, con la carenza di competenze che spinge le aziende ad offrire sempre più contratti stabili; ripresa del lavoro autonomo. È quanto rileva il report lavoro curato del dipartimento mercato del lavoro della Cisl, che analizza semestralmente i dati sull'occupazione in Italia prendendo come base la rilevazione Istat delle forze di lavoro, ma utilizzando anche le altre fonti disponibili, con l'obiettivo di fornire periodicamente un quadro delle tendenze in atto. ”Appare molto incoraggiante la crescita del lavoro al Sud, anche grazie alle richieste di sostegni fatte dalla Cisl - spiega la stessa confederazione di via Po - l'occupazione continua ad aumentare a ritmi superiori a quelli del Pil, che ha registrato la crescita maggiore rispetto ai principali competitor europei. Naturalmente, questo non significa che non ci siano criticità, ma i dati vanno letti con attenzione e oggettività, senza idee preconcette né soluzioni semplicistiche. Infatti, nonostante l'importante recupero di donne, giovani e Sud restano i divari, che però vengono da lontano e non ci si può aspettare che siano superati in pochi anni né si possono affrontare in maniera superficiale, per esempio continuando ad additare la precarietà, che i dati mostrano non essere affatto così diffusa, ma concentrata in alcune particolari situazioni”. Secondo la Cisl ”è fuorviante parlare genericamente di lavoro povero attribuendolo alle basse retribuzioni, le quali, grazie anche all'ultima tornata di rinnovi contrattuali, tornano a crescere del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2023, ma va piuttosto considerato che l'elevato numero di donne non occupate e l'elevata quota, tra quelle occupate, di contratti part-time (30%), involontario o comunque necessario per conciliare vita e lavoro, costituiscono una delle principali cause della povertà nelle famiglie, oltre che dei divari retributivi di genere”.
Occorre quindi riflettere sul ”paradosso che vede giovani e donne restare inattivi o sottoccupati a fronte di aziende che non trovano il personale.. È vero che in alcuni settori e attività le condizioni retributive sono inadeguate, ma è altrettanto vero che giovani e donne spesso non possono aspirare a posizioni migliori perché non in possesso delle competenze richieste o, quanto alle donne, per mancanza di adeguati servizi e flessibilità organizzative. È proprio lo skill shortage ad essere il fattore più rilevante, dovuto non solo agli andamenti demografici negativi ma anche ad un forte disallineamento tra titoli di studio posseduti e quelli richiesti dal mercato, come il report mostra in un approfondimento dedicato che attinge ai dati dell'ultimo rapporto Excelsior”. Nel quinquennio 2024-2028 il fabbisogno occupazionale delle imprese e pubbliche amministrazioni italiane potrà variare tra 3,4 e 3,9 milioni di occupati, che sarà difficile reperire. ”Occorre pertanto un adeguamento dell'intera filiera dell'istruzione, formazione e orientamento - aggiunge la Cisl - per evitare che la carenza di competenze, amplificata dall'accelerazione tecnologica, diventi un tappo alla crescita economica e un ostacolo all'ingresso attivo nel mondo del lavoro soprattutto per le fasce di giovani e donne”.
Nel report si indicano anche altre piste di azione, a partire dall'urgenza di chiudere il cantiere delle politiche attive, mettendo a regime centri per l'impiego potenziati e piattaforma Siisl, e da una seria riflessione per una più efficace politica migratoria che sappia attrarre flussi di lavoratori stranieri qualificati adeguati al mercato del lavoro italiano, anche con accordi delle parti sociali di settore, valorizzando le esperienze di eccellenza della contrattazione collettiva e della bilateralità. Conclude il report Cisl: ”"Occorre certamente fare di più e meglio per non perdere il sentiero positivo che il Paese ha imboccato anche grazie al contributo fattivo di imprese e lavoratori, valorizzando sempre più il ruolo della contrattazione collettiva e della partecipazione".
G.G.