L'iter legislativo è durato molti mesi, la commissione Affari costituzionali ha svolto decine di audizioni, ma fra opposizioni e maggioranza la polemica è sempre viva, come dimostra anche la convulsa conclusione della seduta di palazzo Madama, con i parlamentari che prima dai banchi della minoranza poi da quelli della maggioranza si sono ”sfidati” intonando l’inno di Mameli, con intenti evidentemente contrapposti.
La legge vuole dare attuazione a quanto previsto dal terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione ai sensi del quale - sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata - possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario, che ne facciano richiesta, forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie. Si va dalla Salute all'Istruzione, dallo Sport all'Ambiente, passando per Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero. L'Autonomia differenziata prevede anche la possibilità, da parte delle stesse regioni, di trattenere il gettito fiscale legato alle erogazioni del servizi per l'utilizzo di quelle risorse sul proprio territorio. Le funzioni autonome potranno però essere attribuite solo dopo aver determinato i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni', vale a dire il livello minimo di servizi da rendere al cittadino in maniera uniforme in tutto il territorio, dalla Val d'Aosta alla Sicilia. Inoltre, per evitare squilibri economici fra le regioni che aderiscono all'autonomia e quelle che non lo fanno, il disegno di legge pensa a misure perequative. Sui tempi: la procedura per l'intesa fra Stato e regone dovrà durare almeno 5 mesi, inclusi i 60 giorni concessi alle Camere per l'esame delle richieste. Le intese potranno durare fino a 10 anni rinnovate o terminate prima, con un preavviso di almeno 12 mesi.
Il provvedimento era in prima lettura e restano tutti da definire i tempi per l'esame in seconda lettura alla Camera, dove secondo fonti parlamentari di maggioranza potrebbe riproporsi una certa differenza di intenti fra la fretta della Lega, che si aspetta l'ok definitivo prima delle elezioni europee, e la cautela di Fratelli d'Italia: il partito della premier Meloni, infatti, preme perché il ddl costituzionale sull'elezione diretta del presidente del Consiglio, attualmente all'esame della commissione Affari costituzionali del Senato per la prima delle quattro letture previste, abbia una tempistica almeno parzialmente coordinata con la riforma Calderoli. L'autonomia differenziata, però, è una legge ordinaria, e per i suoi maggiori sostenitori, i leghisti, appunto, i suoi contenuti sono stati definiti nel passaggio a palazzo Madama, fino all'ultima bagarre sull'emendamento De Priamo, riformulato la scorsa settimana in commissione Bilancio per riportare nei limiti degli ”equilibri di bilancio” e delle previsioni della manovra del 2022 l'indicazione della necessità di stanziare fondi sufficienti per garantire l'erogazione dei Livelli essenziali delle prestazioni: sia alle Regioni che sceglieranno l'autonomia, sia a quelle che non lo faranno.
Le parti sociali guardano naturalmente con grande attenzione al dibattito e ai voti in Parlamento. Per la Cisl, sottolinea il segretario generale Sbarra, ”qualunque processo di riforma istituzionale deve muoversi nel segno di un rafforzamento dell'unità e della coesione nazionale, promuovendo crescita, sviluppo, occupazione, efficacia ed efficienza dei servizi in tutte le aree del Paese”. Fondamentale poi ”assicurare un confronto aperto e costruttivo con il Governo e con il Parlamento, per apportare modifiche migliorative finalizzate a garantire diritti sociali e di cittadinanza insieme al rispetto della contrattazione in tutta la comunità nazionale”. Per Sbarra ”dovranno essere definiti e finanziati i livelli essenziali delle prestazioni, passaggio che la Cisl ritiene essenziale, insieme alla definizione dei costi e dei fabbisogni standard, per dare certezza a livelli uniformi di prestazioni sull’intero territorio nazionale e per rilanciare solidarietà, perequazione, pari opportunità tra tutti i territori”.
Giampiero Guadagni