L'aumento dei pensionati è una diretta conseguenza delle riforme introdotte a partire dal 2014, con l'introduzione di Quota 100, poi di Quota 102 e infine Quota 103. Nel 2023, i beneficiari di pensioni sono aumentati di 98.743 unità, arrivando a un totale di 16,230 milioni. Un incremento che si inserisce nel più ampio trend demografico, che vede una continua crescita della popolazione anziana. Il numero di pensionati, tuttavia, potrebbe crescere ulteriormente nei prossimi anni, con l'invecchiamento della generazione dei baby boomers che andrà a ritirarsi in massa. Nonostante la crisi generata dalla pandemia di Covid-19, il tasso di occupazione ha continuato la sua risalita nel 2023, toccando il 62%, sebbene rimanga ben al di sotto della media europea. Questo recupero dell'occupazione è stato cruciale per sostenere le entrate del sistema previdenziale, ma l'Italia continua a trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi europei.
Uno degli aspetti critici evidenziati nel rapporto riguarda l'eccessiva commistione tra previdenza e assistenza, un fenomeno che si è accentuato negli ultimi anni. La spesa assistenziale è aumentata in modo esponenziale dal 2008 a oggi, arrivando a toccare i 164 miliardi di euro nel 2023, un valore che assorbe una parte significativa delle risorse destinate alla previdenza sociale. Nonostante questa crescita, però, i miglioramenti negli indicatori di povertà sono stati limitati, sollevando interrogativi sull'efficacia di questi interventi. Nel 2023, la spesa pensionistica ha superato i 267 miliardi di euro, pari al 12,55% del Pil.
Per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale anche nei prossimi decenni, il rapporto propone una serie di interventi strutturali. In primo luogo, è necessaria una revisione dell'età pensionabile e dei coefficienti di trasformazione, adattandoli all'aspettativa di vita. La limitazione delle forme di pensionamento anticipato, insieme alla creazione di incentivi per chi decide di lavorare più a lungo, è un'altra delle misure suggerite. In particolare, viene proposta l'introduzione di un ”superbonus” per coloro che decidono di prolungare la loro carriera fino ai 71 anni, incentivando il lavoro più lungo e aumentando il volume delle contribuzioni previdenziali. L'adozione di questi stabilizzatori automatici potrebbe rappresentare un passo fondamentale per evitare crisi sistemiche nel futuro, quando la popolazione anziana raggiungerà il suo picco intorno al 2045, con effetti potenzialmente devastanti per il bilancio previdenziale se non affrontati in tempo.
Commenta il segretario confederale della Cisl Ganga: ”I dati confermano l'equilibrio del sistema previdenzale e l'opportunità di chiarire la distinzione delle spese assistenziali e previdenziali. La Cisl apprezza questa impostazione e chiede al Governo di riaprire il confronto sulle pensioni. L'argomento è troppo importante e complesso e nessuno dovrebbe ridurlo a polemiche o slogan. Il recupero dell'evasione contributiva, lo sviluppo economico del Paese, il miglioramento delle condizioni di lavoro e dei salari opportunamente contrattualizzati sono condizioni imprescindibili per garantire il futuro delle pensioni”.
Giampiero Guadagni