Il Paese fa passi avanti sull’occupazione e sull’istruzione, ma continua a non trovare una strada per risolvere la questione salariale. La conferma arriva dall’ultimo report Eurostat, secondo il quale il reddito disponibile reale lordo delle famiglie nel 2023 è diminuito, soprattutto a causa della crescita elevata dei prezzi, e si attesta oltre sei punti al di sotto di quello del 2008. Per quanto riguarda i redditi in Ue la media sale da 110,12 a 110,82 (fissando quota 100 al 2008), mentre l'Italia cala da 94,15 a 93,74. Solo la Grecia fa peggio di noi su questo fronte. La Germania con il 112,59% rispetto al dato del 2008, la Francia al 108,75%. La Spagna è ancora indietro, (95,85 rispetto al reddito del 2008), ma comunque un po’ sopra il dato italiano.
Il report sottolinea, come detto, i progressi sul fronte del lavoro. Migliorano, infatti, i punteggi per l'Italia sul fronte dell'occupazione e della disoccupazione e sulla povertà di chi lavora che scende sotto il 10% per la prima volta dal 2010. Il Paese ha fatto dunque grandi progressi sull’occupazione ma ancora insufficienti a colmare un enorme divario con l’Europa. I dati restano al di sotto di quelli medi dell'Ue. In particolare il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni in Italia sale dal 64,8% del 2022 a 66,3 nel 2023 con una crescita di 1,5 punti mentre in media in Ue l'aumento è di 0,7 punti, dal 74,6% al 75,3%. Nonostante questo aumento l'Italia resta ultima in classifica.
Sulla disoccupazione l'Italia registra un calo di 0,4 punti percentuali (dall'8,1% al 7,7%), tendenza ancora rafforzata nel 2024, mentre l'Ue segna in media una riduzione di 0,1 punti (dal 6,2% al 6,1%). Sulla disoccupazione, dunque, nel 2024 ci apprestiamo a raggiungere le medie europee. Il nostro Paese registra anche un crollo del tasso di Neet (i giovani che non sono in un percorso di istruzione e formazione e non lavorano) con il passaggio dal 19% al 16,1%), il dato più basso dall'inizio delle serie storiche nel 2009. Su questo fronte, tuttavia, la strada da fare è ancora lunga. In Europa in media si è registrato un calo di 0,5 punti, dall'11,7% all'11,2%.
Diminuisce sensibilmente anche la disoccupazione di lunga durata (almeno un anno senza trovare lavoro) con il passaggio dal 4,6% al 4,2% della forza lavoro, il dato più basso dopo il 2009 anche se ancora superiore alla media Ue (2,1%).
L'Italia registra, inoltre, un calo consistente del rischio di povertà tra le persone che lavorano: al 9,9 rispetto dall'11,5% segnato nel 2022. In Ue nel 2023 era all'8,3%. In Italia questo indicatore aveva raggiunto un picco del 12,2% nel 2017 e non scendeva sotto il 10% dal 2010 (9,5%).
Migliorano i dati sociali in Italia anche sul fronte dell'istruzione: la percentuale di chi lascia la scuola precocemente scende dall'11,5% al 10,5% (dal 9,7% al 9,5% in Ue in media). È il tasso più basso dall'inizio delle serie storiche nel 2000 quando la percentuale superava il 25%. Cresce anche il tasso dei laureati con il passaggio dal 27,4% al 29,2% nel 2023 delle persone tra i 30 e i 34 anni con questo titolo di studio. Restiamo, però, lontanissimi dal tasso Ue, che nel 2023 è arrivato al 43,9%.
Ilaria Storti