La settimana del potenziale capolavoro politico di Ursula von der Leyen è, per il momento, la settimana di Roberta Metsola. La presidente del Parlamento europeo, come previsto, è stata riconfermata alla testa dell'unica istituzione eletta dai cittadini tra gli organi dell'Ue. Meno prevista era la maggioranza che l'ha incoronata: 562 eurodeputati hanno detto sì alla maltese, un record, nel nome di larghissime intese che hanno visto a bordo elementi di praticamente tutti i gruppi i politici. Von der Leyen non avrà gli stessi numeri.
La presidente della Commissione uscente si è trasferita da lunedì a Strasburgo. Ha visto, per ultimi, i Conservatori. E non li ha convinti. Ma la partita per il suo bis, sul fronte di Ecr, si gioca altrove. Con il gruppo dei Conservatori von der Leyen ha trascorso - parole sue - un'ora intensa". Ha toccato temi cari a meloniani, come la migrazione, la necessità di un commissario alla sburocratizzazione per le imprese, la messa a punto di un Green Deal che sia pragmatico. Sulla migrazione, spiegano fonti parlamentari, a Fdi è piaciuta la volontà di von der Leyen di continuare con le partnership con i Paesi terzi che, per la premier italiana, sono oramai un'assioma. Sul Green Deal, invece, la fumata è stata grigio-nera. "Serve un radicale cambio di passo e il superamento di un approccio ideologico sulla transizione", ha sottolineato Carlo Fidanza, primo a parlare nel gruppo.
I polacchi del Pis hanno usato toni ancora più netti, Marion Marechal non è stata da meno. Al momento, la gran parte di Ecr è orientata per il no, al massimo per l'astensione (che comunque vale come voto contrario). La riunione di ieri è terminata con pochi sorrisi e tanti punti interrogativi. Von der Leyen è tornata a tessere la sua tela tra i corridoi dell'Eurocamera, consapevole tuttavia che, anche con Ecr, la partita resta aperta. La telefonata con Meloni, con il passare dei giorni, rischia di diventare un Godot dai contorni poco definibili. Da qui a poche ore dal voto di oggi ogni momento può essere quello buono. Ma con la premier von der Leyen non può solo soffermarsi sul programma. Deve parlare del peso che avrà l'Italia nella Commissione del futuro.
E per incassare il sì dei 24 meloniani deve assicurare alla loro leader una vicepresidenza dell'esecutivo Ue, andando oltre l'assegnazione di una delega di peso. Sul profilo, il principale indiziato resta quello di Raffaele Fitto. Il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la Coesione e il Pnrr potrebbe avere un portafoglio che include il bilancio comunitario e il Next Generation Ue. E mentre von der Leyen vedeva Ecr Fitto era a Bruxelles, per un faccia a faccia - guarda caso - proprio con il commissario al Budget, Johannes Hahn. "Un proficuo scambio di vedute", ha twittato Fitto. Secondo i rumors strasburghesi il ministro potrebbe arrivare al Pe ma nessuno, né al Pe né dal suo staff ne ha dato una conferma ufficiale. Von der Leyen, rispetto a Ecr, ha un problema. Un endorsement dei meloniani potrebbe allargare la pattuglia dei franchi tiratori, soprattutto tra i Liberali e i Socialisti.
E potrebbe far evaporare l'aiuto dei Verdi, al momento piuttosto sicuro e anche corposo: si tratta, in teoria, di 53 voti. Allo stesso tempo von der Leyen deve fare i conti con un Ppe che sotterraneamente ribolle. L'ingresso dei Greens in maggioranza a molti non piace. L'eventuale sì di Fdi semina, allo stesso tempo, più di un malumore. I tre partiti filo-Ue contano 401 eletti. Con il supporto dei Verdi von der Leyen avrebbe un margine di oltre 90 voti rispetto al quorum di 361. "Non c'è altra scelta", ha spiegato al Pe chi è convinto che, seppur senza entusiasmo, von der Leyen ce la farà.
Rodolfo Ricci