Tutto come previsto. Un film già in visto in questi anni. Ungheria e Polonia hanno mantenuto la stessa posizione contraria all'intesa sui due pilastri del Patto Ue sulla migrazione e l'asilo concordati a giugno dai Ventisette a maggioranza. Lo ha detto la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, al termine del Consiglio informale a Logrono, in Spagna. "Dopo otto anni di blocco sulla migrazione, ora l'Ue è in una situazione migliore e una volta che avremo un quadro legislativo chiaro tutti gli Stati membri saranno obbligati a rispettarlo", ha evidenziato Johnasson, ricordando che i governi hanno raggiunto l'orientamento generale a maggioranza qualificata". "Questo - ha precisato - è il modo in cui secondo il Trattato Ue prendiamo le decisioni in materia di migrazione". Ma non finisce qui. Voluta da Giorgia Meloni, benedetta da Ursula von der Leyen e dai principali leader europei, anche l'intesa di Cartagine tra l'Ue e la Tunisia ha ora soprattutto un ostacolo all'orizzonte: il meccanismo dell'unanimità. Il Memorandum d'intesa firmato domenica scorsa, infatti, potrà entrare in vigore solo dopo che sarà stato ratificato da tutti gli Stati membri. E, nel clima incandescente venutosi a creare sul dossier migranti sin dall'ultimo summit dei 27, è tutt'altro che scontato che la ratifica ci sia in tempi brevi.
Anche perché l'accordo prevede un dispendio di fondi comunitari: 150 milioni a sostegno del bilancio di Tunisi e 105 per il supporto al controllo delle frontiere. Ed è proprio sull'uso dei fondi comuni, in vista della revisione del bilancio pluriennale, che Paesi come Ungheria e Polonia hanno promesso battaglia. I cinque pilastri del Memorandum prevedono una partnership a tutto tondo, che si inserisce nelle conclusioni dell'ultimo vertice Ue, quando la Tunisia era stata inserita nel capitolo 'relazioni esterne' e, a dispetto della parte sulla migrazione, il punto non era stato stralciato. L'intesa è per un partenariato ambizioso e concretizza l'ultimo Consiglio europeo, ha sottolineato, non a caso, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.
Nell'ambito del Memorandum il pilastro sulla migrazione prevede un maggior coordinamento nelle attività Sar e la dotazione di 25 imbarcazioni - 17 riequipaggiate, 8 nuove - alla guardia costriera tunisina. L'obiettivo è fermare i flussi in partenza, come chiesto da mesi da Meloni. Con l'accordo il presidente Kais Saied si impegna quindi ad aumentare nettamente il controllo delle partenze dal porto di Sfax, dove dal Sahel arrivano migliaia di migranti subsahariani, guidati dai trafficanti. Il testo prevede un passo avanti anche nei rimpatri, ma solo dei tunisini. Le riammissioni, hanno spiegato fonti europee, non riguardano quindi i non tunisini transitati dalla Tunisia. A destare perplessità, tuttavia, c'è anche il tema del rispetto dei diritti umani. Per Saied le Ong diffondono "fake news per danneggiare lo Stato tunisino". Ma le stesse Ong, poche ore dopo la firma, si sono ribellate all'accordo che Amnesty International giudica "sconsiderato". Sul tema quasi certamente, si accenderanno anche i fari dell'Europarlamento.
"Bisogna vincolare i fondi alla Tunisia al rispetto dei diritti umani", ha spiegato la vice presidente del Pe, Pina Picierno. E anche il Consiglio d'Europa ha chiesto un chiarimento immediato sulle garanzie per i diritti umani che saranno messe in atto, visto il linguaggio "molto generico usato" nel Memorandum. La commissaria Ue agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha ribadito che il rispetto dei diritti nell'intesa di Cartagine è "una priorità". Ma le sue parole, difficilmente, basteranno per convincere tutti.
Questo per la Commissione europea è un momento particolare: siamo già in campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo anno. Un esempio? Da Maastricht, dove tutto è iniziato, a Bruxelles. Andata e poi ritorno. Franciscus Cornelis Gerardus Maria Timmermans, per brevità chiamato Frans, il padre del Green Deal Ue, prepara la valigia per candidarsi alle elezioni anticipate di novembre alla guida della coalizione di centrosinistra con l'ambizione di diventare il prossimo premier olandese. Una decisione che rischia di lasciare orfane le politiche verdi comunitarie, già vittime del fuoco nemico di Popolari, Conservatori e Liberali. E che fa tirare un sospiro di sollievo al governo italiano, in eterna disputa con il socialista tra auto e case green, Euro 7, imballaggi, Co2 e agricoltura. Un sollievo sintetizzato dal vicepremier Matteo Salvini: "Non ci mancherà".
Il già ministro degli Esteri olandese dal 2012 al 2014 nel Rutte bis punta ora allo scranno più alto del governo a guida della lista unica formata dal Partito del Lavoro e dai Verdi. L'auspicio è di "avvicinare" gli olandesi e "garantire che i Paesi Bassi riacquistino fiducia in sé stessi". Una missione con la quale il socialista poliglotta mira a proporre una visione alternativa al premier uscente anche sulle politiche migratorie, casus belli per la caduta del Rutte IV, esprimendosi a favore dei ricongiungimenti familiari.
Rodolfo Ricci