Ritorna di moda il Fondo salva-Stati, l’Italia che non lo vuole e tiene in ostaggio tutti i partner europei, malumori e tensioni. In sintesi: il Mes, una storia infinita e che è tornato sul tavolo dei ministri dell’Eurogruppo, su impulso del direttore generale dell’organismo internazionale, Pierre Gramegna, preoccupato per uno stallo che non giova in un momento di incertezze crescenti. "L’ambiente geo-economico si sta deteriorando" ulteriormente, e "i rischi di interruzione per l’economia aumentano", avverte al termine dei lavori dell’Eurogruppo. In questo contesto la stabilità finanziaria resta un pre-requisito, e la ratifica del trattato di riforma del Mes sarebbe di estrema importanza.
I partner dell’Eurozona tornano dunque a fare pressione sull’Italia, unico Paese a non aver ratificato in Parlamento il testo concordato, e sul governo Meloni deciso a tenere il punto. Non è una novità che il tema del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, appunto, o Esm nella dicitura in inglese) torni in agenda, visto che non ne è mai uscito. Da quando l’Italia ha impedito l’entrata in vigore delle nuove competenza dell’organismo nato per assistere i Paesi in difficoltà, di Mes non si è mai smesso di parlare. Con la riforma il Fondo avrebbe dovuto svolgere il ruolo anche di strumento di risoluzione delle crisi bancarie, con un fondo unico come cuscinetto finanziario, un elemento centrale del progetto di unione bancaria. La questione non era formalmente all’ordine del giorno dell’Eurogruppo, ma ufficiosamente e informalmente si continua a richiamare l’attenzione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, già in più occasioni incalzato su un tema centrale per entrambe le parti e proprio per questo per nessuna delle due parti facile da riconsiderare.
Per la maggioranza è diventata una questione di credibilità politica: fare retromarcia vorrebbe dire giocarsi la faccia con gli elettore. Per i partner dell’eurozona vuol dire non avere tutti gli strumenti per rispondere agli shock. "Affrontiamo le sfide Ue nel contesto di accresciute tensioni globali, con il proseguimento della guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina" e il grado di incertezza che circonda le priorità politiche della nuova amministrazione statunitense. "Con i ministri dell'Eurgruppo abbiamo convenuto "sulla necessità di un'azione politica urgente e coordinata per migliorare la competitività, la produttività e l'innovazione nell'area dell'euro. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti", ha voluto sottolineare il commissario Ue all'Economia Valdis Dombroskis al termine dell'Eurogruppo.
"Dobbiamo agire per migliorare l'accesso ai finanziamenti per le aziende, promuovere l'innovazione, migliorare l'ambiente aziendale riducendo gli oneri e la complessità normativa, rimuovendo gli ostacoli agli investimenti e sostenendo gli investimenti pubblici e privati in priorità comuni come le trasformazioni verdi e digitali e la difesa", ha affermato Dombrovskis.
L’Eurogruppo ha affrontato una discussione sulle priorità di politica economica per l'area dell'euro, che ha mostrato un alto grado di convergenza. La zona dell'euro ha navigato con successo in un periodo di sfide significative negli ultimi anni, dimostrando un notevole grado di resilienza economica. Ma continua a confrontarsi con sfide strutturali significative. La crescita della produttività è stata lenta per troppo tempo nell'area dell'euro. "Guardando più avanti - ha anche segnalato tra l'altro - la spesa pubblica affronterà crescenti pressioni legate alla spesa per la difesa all'invecchiamento demografico".
Rodolfo Ricci