Nessun progresso sui 18 miliardi da erogare per l'Ucraina nel 2023 e sulla minimum tax: l'Unione europea, alla riunione dei ministri delle Finanze dei 27, entra ufficialmente nel cul de sac ordito da Viktor Orban con la sponda di una congiuntura tutta a svantaggio di Bruxelles. L'Ue, infatti, è chiamata ad esprimersi sulla proposta della Commissione di congelare i fondi di coesione per l'Ungheria visto che per Palazzo Berlaymont Budapest non ha soddisfatto appieno le 17 misure correttive chieste per il meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto. Un giudizio severo, quello della Commissione. E la risposta di Orban non si è fatta attendere: far slittare dei dossier più cari all'Unione, quello dell'assistenza a Kiev e quello della tassazione alle multinazionali. È un gioco di specchi, quello tra l'Ue e l'Ungheria, che è destinato tuttavia a finire da qui al 19 dicembre, termine ultimo perché i 27 si esprimano sul congelamento dei fondi. La proposta della Commissione ha già incontrato le riserve di Francia, Germania e Italia, secondo le quali Bruxelles dovrebbe aggiornare la sua valutazione sulle riforme ungheresi prima di bocciarli.
E di fronte ai veti di Budapest, all'Ecofin è stato effettivamente chiesto al vice presidente Valdis Dombrovskis di aggiornare la decisione dell'esecutivo europeo. Il problema, tuttavia, è più ampio. Da mesi ormai Orban agisce in maniera non coordinata con gli altri Paesi membri, strizzando l'occhio alla Russia. E così, nel quartier generale europeo, si sta preparando il piano B, quello di andare avanti a 26 sugli aiuti all'Ucraina. A quel punto, però, per i 18 miliardi di prestiti non scatterebbe più la garanzia comunitaria - su modello del Next Generation - ma servirebbero garanzie sovrane da parte di ciascun Paese membro. Punto sul quale la Germania ha mostrato più di una perplessità. "Il raggiungimento di un compromesso con l'Ungheria è fondamentale", ha sottolineato il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti. Il calendario è serrato. Se la Commissione, nelle sue stime aggiornate, andrà incontro a Budapest, toccherà ai Rappresentanti dei 27 trovare la quadra tra le colombe e chi, invece, vorrebbe mantenere una linea dura su Orban. L'ipotesi è che il 19 possa essere convocato un Ecofin straordinario per certificare l'intesa o il nuovo format a 26 sull'assistenza a Kiev.
Con un appendice: i Paesi membri sono chiamati anche a decidere sull'ok condizionato al Pnrr ungherese, che sarà seguito dal primo esborso di fondi solo se Budapest farà le riforme richieste dalla Commissione. C'è tempo fino al 31 dicembre: se l'Ue non deciderà Orban - oggi attaccato dal presidente della banca centrale magiara - perderà il 70% del Next Generation. Il braccio di ferro, nel frattempo, continua. Per la presidenza ceca i fondi all'Ungheria, gli aiuti all'Ucraina e la minimun tax sono tre dossier che vanno risolti assieme. Per Budapest le questioni sono diverse "ed è un pericoloso precedente legarle". Orban, da Tirana, ha invece negato qualsiasi ricatto.
Rodolfo Ricci