La discussione sulle nuove regole di bilancio si aprirà ufficialmente con l'inizio dell'autunno, ma le posizioni in Europa cominciano già a delinearsi. Se la linea dei 'rigoristi’o 'frugali’, è sempre ferma su una minima revisione del Patto che non ne tocchi le parti fondamentali, la Commissione Ue invece comincia a lavorare per toccare il nodo che interessa ai Paesi ad alto debito: rimodulare il percorso di rientro all'interno della soglia del 60% fissata nei Trattati. Per i commissari Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis bisogna essere realisti: dopo la pandemia la situazione dei debiti è profondamente diversa da prima, e non è pensabile applicare la regola che impone di rientrare di un ventesimo all'anno, perché imporrebbe ad alcuni governi manovre correttive nell'ordine delle decine di milioni di euro. Bruxelles intende riaprire verso fine mese la consultazione pubblica sulla riforma del Patto di stabilità, interrotta allo scoppio della pandemia. È il primo passo formale per spingere le capitali a prendere posizione.
Alla Commissione toccherà fare una sintesi prima di presentare una proposta che verrà poi discussa dai ministri dell'Economia e dai leader Ue. L'iter è lungo, e molto complesso visto che riapre una faglia molto profonda tra il Nord rigorista e il Sud pro-flessibilità. Ma il tempo non è molto: la clausola che attualmente sospende le regole del Patto di stabilità, consentendo ai governi di iniettare liquidità nelle loro economie, verrà disattivata il primo gennaio 2023. Per allora, Paesi come Francia, Spagna e Italia vorrebbero vedere nuove regole in grado di entrare in vigore al posto delle vecchie, figlie del periodo più buio dell'austerity e oggi considerate anacronistiche da molti visto che limiterebbero la spinta verso gli investimenti.
Gentiloni invita a guardare la realtà: "Dopo la pandemia, e con la transizione verde davanti a noi, abbiamo bisogno di riflettere su come avere una crescita persistente. Non dobbiamo cambiare la soglia dei Trattati ma capire come raggiungere un consenso che abbia regole fiscali a sostegno della crescita". Dombrovskis si spinge oltre, sposando la linea da sempre sostenuta dal collega italiano: la revisione dovrà contenere "una riduzione del debito che sia realistica per gli Stati".
Anche la Francia si è avviata sulla sua strada, stavolta senza aspettare la Germania visto che le elezioni tedesche rallenteranno il processo: "Servono regole comuni di bilancio ma alcune sono obsolete. Per esempio il livello di debito pubblico attualmente ha scarti di 100 punti tra i Paesi. Dobbiamo trovare un metodo diverso e un ritorno all'equilibrio budgetario diverso", ha detto il ministro francese dell'economia, Bruno Le Maire. Di diverso avviso i Paesi rigoristi. I ministri di Austria, Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Olanda, Finlandia e Svezia si sono presentati all'Eurogruppo informale di Brdo, in Slovenia, con una lettera nella quale spiegano che non c'è nessuna fretta di cambiare le regole di bilancio, e che non bisogna rivederle solo per placare le ansie dei Paesi ad alto debito che temono il ritorno del Patto nel 2023. Non sono contrari ad una semplificazione, ma non vogliono che metta a rischio la sostenibilità del debito. Ma su questo punto, la presidente della Bce, Christine Lagarde li rassicura: per valutare la sostenibilità del debito "ci sono due fattori che contano enormemente e ai quali bisogna guardare: per che cosa il debito è utilizzato e quanto è il servizio". La discussione si prospetta lunga e complessa, e Gentiloni rassicura chi teme un ritorno delle regole più dure: se la revisione non terminerà entro il 2023, "ci sono molte forme di interpretazione" delle norme che consentono di "gestire" la situazione senza scossoni.
Rodolfo Ricci