La stretta di Pechino all'export di metalli strategici preoccupa ora l'industria occidentale dei semiconduttori, che oltre all'impennata dei prezzi rischia soprattutto di affrontare una scarsità di materia prima, con impatti sulla produzione. Si parla di materiali come il germanio e il gallio, usati per applicazioni nei chip più avanzati e di componenti di apparecchiature militari o di comunicazione: i prezzi sono quasi raddoppiati nell'ultimo anno. Da questo mese nuove restrizioni sono scattate anche sull'antimonio, minerale usato nelle munizioni perforanti, negli occhiali per la visione notturna e nell'ottica di precisione.
A sollevare la nuova criticità su questi metalli strategici importati dalla Cina è una analisi del Financial Times, che interpella diversi analisti e operatori dell'industria dei semiconduttori, per tracciare un quadro allarmante: "I cinesi ormai non offrono più germanio all'estero", dichiara ad esempio all'Ft, Terence Bell, direttore di Strategic Metal Investments, piccolo trader di metalli di Vancouver. Ogni singola spedizione dalla Cina di gallio e germanio necessita di controlli, emerge poi, e ci vogliono dai 30 agli 80 giorni per ottenere il via libera, rendendo di fatto impossibili forniture a lungo termine. Anche perché le richieste devono specificare l'acquirente e l'uso previsto dei metalli. Per "salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali" la Cina aveva annunciato a luglio 2023 un limite alle esportazioni di germanio e gallio, reagendo alle restrizioni sull'import verso Pechino - guidate dagli Usa - sui semiconduttori avanzati e le relative attrezzature di fabbricazione.
Sull'antimonio, invece, la Cina ha imposto la recente stretta nell'ambito di nuovi controlli alle esportazioni di grafite e tecnologie utilizzate nell'estrazione e nella separazione delle terre rare. Secondo l'US Geological Survey, ricorda Ft, la Cina produce il 98% del gallio e il 60% del germanio mondiale. Solo considerando il germanio da giugno c'è stato un aumento del 52% a 2.280 dollari al chilo, stima il fornitore di dati Argus. È un altro fronte 'strategico' di contrapposizione tra l'occidente e la Cina, insomma, assieme alla disputa commerciale che ha visto l'Ue annunciare di voler portare i dazi fin quasi al 50% sull'import delle auto elettriche, per reagire alla concorrenza creata da una produzione cinese sovvenzionata dai sussidi pubblici (i dazi aggiuntivi saranno fino al 36,3% oltre a quelli del 10% già esistenti).
In tutta risposta Pechino ha annunciato un'indagine anti-sovvenzioni che prende di mira tutta una serie di prodotti caseari importati dall'Ue, dal formaggio fresco, alla cagliata, includendo gli erborinati e alcuni tipi di latte e panna lavorati, puntando contro i sussidi della Politica agricola comune (Pac) Ue e le sovvenzioni nazionali. Un attacco a pecorino, grana e gorgonzola, che preoccupa non poco il comparto, su cui la Commissione europea ha però già annunciato una 'ferma difesà. Intanto ieri Ue e Cina hanno avviato le prime discussioni nell'ambito del nuovo meccanismo di comunicazione sui flussi di dati transfrontalieri, essenziali per gli scambi commerciali. L'obiettivo è trovare modi per facilitare i trasferimenti transfrontalieri di dati non personali per le aziende europee, nonché la loro conformità alle leggi cinesi sui dati. Cosa non troppo semplice.
Rodolfo Ricci